lunedì 26 dicembre 2011

ANGOLO LIBRI - Open leadership: dirigere con successo nell'era dei social network

Un libro molto interessante sul ruolo che rivestono i social media nell'ambito della leadership, o meglio, come il loro utilizzo, efficace e opportuno, rende il leader una nuova figura, con caratterstiche del tutto inedite ed un nuovo approccio al coordinamento: condiviso ed aperto.
L'autrice, Charlene Li, una tra le 50 menti più influenti della Sylicon Valley, affronta l'argomento in maniera strutturata, cercando di fornire al "leader aperto" strumenti e buone pratiche per l'avvio, il monitoraggio e la sintesi di un processo che essa stessa definisce "complesso e non immediato".
Obiettivo principale di Open Leadership è analizzare, attraverso griglie di valutazione e verfiche personali del leader e della sua struttura, l'opportunità o meno dell'utilizzo dei social media nella propria organizzazione e la necessità o meno della creazione di una strategia di approccio al social media, con tutte le ripercussioni del caso (processi e persone).
Secondo l'autrice, infatti, non tutti gli scenari sono adeguati ad una apertura in questo senso, e non tutti gli obiettivi sono realmente strategici, benchè tali appaiano.
La leadership aperta, quindi l'attitudine del comando alla condivisione e alla collaborazione, è in primo luogo uno stato mentale che implica relazioni nuove e nuovi valori, ovvero:
- accettare che clienti e dipendenti abbiano preso il potere
- condividere sempre, per costruire fiducia
- coltivare la curiosità e l'umiltà
- apertura significa responsabilità
- perdonare gli insuccessi.
Queste frasi chiave sono sviluppate all'interno del volume, mostrandone criticità e punti di forza attraverso esempi eccellenti di percosi intrapresi verso la leadership aperta: cisco, ibm, dell, starbucks..sono solo alcune delle grandi aziende che dalla leadership aperta hanno tratto grandi benefici, sia in termini economici (misurabili) che in termini di customer & employer satisfaction, un parametro non misurabile, ma che indirettamente determina la prosperità di un'azienda.
Nell'ambito di una strategia di leadership aperta, non solo i vertici aziendali sono parte integrante del processo decisionale e comunicazionale, ma tutti i livelli, dal più basso a più alto. Fondamentale quindi, nella definizione di una strategia di avvio, è la formulazione di quelli che la Li definisce i "patti del recinto di sabbia", ovvero linee guida su chi, cosa, come e fin dove comunicare o decidere. Questi patti contengono indicazioni precise su come mostrare la propria identità ogni volta che si comunica a nome dell'azienda, sulle responsabilità che da questa comunicazione derivano, sulla riservatezza necessaria, sul buon senso da usare, sulle tecniche da utilizzare per costruire la fiducia del lettore.
La parte finale del testo è dedicata, nello specifico, alla creazione della propria strategia aperta: strumenti operativi per tramutare le intenzioni in una reale apertura. Un leader trasparente e umile non avrà difficoltà ad accogliere questo nuovo modello, non avrà paura a delegare funzioni perchè la propria autorevolezza contribuirà a rafforzarlo e a renderlo efficace. Un leader autoritario e accentratore potrebbe invece trarre da questo testo lo spunto per modificare il proprio atteggiamento e sfruttare appieno il potenziale dei propri collaboratori, rendendoli parte viva di ogni processo.
Assolutamente da leggere.

giovedì 22 dicembre 2011

Caraffe filtranti si o no? Acqua del rubinetto o delle bottiglie?

Un post più leggero, ma ho bisogno di un consiglio. Vorrei smettere di comprare acqua in bottiglia e passare alla soluzione "filtrata". In fin dei conti, l'acqua del rubinetto è a chilometri 0, non comporta che migliaia di camion girino in su e in giù producendo chili e chili di sostanze inquinanti; non comporta che vengano prodotti centinaia di migliaia di bottiglie di plastica e che le stesse debbano essere, in qualche modo, smaltite; fa si che l'acqua che beviamo non resti per un periodo più o meno lungo stipata in magazzini chiusi, magari sotto il sole, con il deteriorarmento del contenitore che ne consegue e di cui non si ha molta consapevolezza; comporta una riduzione drastica dei costi, cosa che in questo periodo va di sicuro tenuta in considerazione.
D'altro canto, i pareri sulla caraffe filtranti sono un po' contrastanti: chi dice che in realtà non diano una garanzia reale di miglioramento della qualità, chi dice che ne migliorino solo il sapore, chi dice che addirittura la peggiorino rilasciando sostanze molto più inquinanti di quelle presenti nell'acqua non filtrata. E poi c'è la questione Arsenico.
Insomma, districarsi nelle mille pagine sulla rete che trattano l'argomento e trovare una fonte autorevole non è semplice. Qualcuno ha informazioni attendibili su cui basare la scelta o meno di questo acquisto? E, se si, eventualmente quali modelli hanno un rapporto qualità prezzo/accettabile (ricambi compresi)?

venerdì 9 dicembre 2011

La differenza tra un beagle e un immigrato clandestino

Green hill: canile (anzi "canile lager") nei pressi di Montichiari. Qui vengono allevate legalmente migliaia di Beagles, cuccioli dolcissimi, destinati ad atroci esperimenti per testare medicinali e prodotti di bellezza. Televisioni, ex ministri (che di quei prodotti di bellezza fanno un uso evidente) e persone comuni si sono mobilitate, addirittura con scioperi della fame, per fermare il massacro. Il sindaco, chiaramente in difficoltà, non sa cosa rispondere e il nuovo ministro Cancellieri (in carica all'Interno) dice che "vuole vederci chiaro".
Cie di Lampedusa: centro di identificazione ed espulsione sull'Isola di Lampedusa. Qui vengo allevati legalmente i nuovi colpevoli di tutti i mali del nostro Paese, gli immigrati clandestini. Vengono stipati in condizioni disumane, in strutture sovraffollate fino all'inverosimile, fino al punto in cui la disperazione che li ha spinti sulle nostre coste, diventa rabbia ed esplode in rivolte violente. Nessuno si mobilita, nè fa scioperi della fame in difesa di queste persone, nè l'attenzione mediatica è rivolta loro in difesa dei diritti umani di base, ma solo come condanna all'ingratitudine che causa le violenze. Nessun ministro in carica "vuole vederci chiaro", in Italia è più cool difendere un beagle che un tunisino...

Ho finito!

Anzi no:

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2
1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico internazionale del paese o del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti.

Articolo 6
Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7
Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8
Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale gli venga rivolta.

Articolo 11
1) Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

2) Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà deI pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13
1) Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

2) Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14
1 ) Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

2) Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15
1) Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16
1) Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.

2) Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

3) La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17
1) Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20
Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

2) Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21
1) Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

2) Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

3) La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve sere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22
Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23
1) Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2) Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3) Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4) Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24
Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25
1) Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

2) La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26
1 ) Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

2) L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

3) I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27
1) Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2) Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29
1 ) Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

2) Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

3) Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

lunedì 5 dicembre 2011

Sarebbe bello...

Per Aristotele, il termine "politica" significava l'amministrazione della "polis" (la città, la comunità) per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.
Faccio mia, con umiltà, questa definizione e la pongo a base della decisione, a tratti anche difficile per tutte le ripercussioni che giorno dopo giorno si stanno affacciando, di schierarmi per la prima volta dalla parte della politica fatta, e non più da quella della politica ascoltata e criticata, a volte solo commentata.
A trent’anni, ho ritenuto giusto un impegno diretto (di prima linea o di retrovia a me poco importa) per cercare di portare una ventata di nuovo in un modello ancorato a logiche di scarsa evoluzione, più incentrate sull’autoconservazione e sul mantenimento di uno status quo, più conveniente.
Attenzione, non un modello universalmente sbagliato, differente dal mio ideale.
Al di là delle difficoltà reali, di una situazione locale difficile, piena di insidie e sicuramente molto articolata, credo in primo luogo che una buona competizione elettorale sia fatta di avversari, e mai di nemici. Il dialogo tra maggioranza e opposizione non è necessariamente uno scontro volgare, in cui l’uno getta discredito sull’altro, in cui tutto ciò che fa la maggioranza è criminale o tutto ciò che fa l’opposizione è diniego, immotivato, sempre e comunque. Il dialogo tra le due ali del consiglio comunale è, in primo luogo, per il bene dei cittadini, costruttivo. Dai banchi della maggioranza arrivano le linee di governo e attuative, da quelli dell’opposizione, un’azione puntuale di verifica e controllo, nonché propositiva, laddove si ritenga incompleto o perfettibile il ruolo del governante.
Sarebbe bello se fosse così! Se si potesse partecipare al dialogo “con l’altra sponda” senza correre il rischio di subire ripercussioni, se si potesse “fare politica” con la consapevolezza di agire per il bene comune (e di vedere riconosciuto come tale questo atteggiamento), se si potesse “fare politica” continuando a svolgere il proprio ruolo, attivo, nella vita sociale della propria comunità senza la paura di sentirsi alle spalle “vedi…quello fa volontariato perché è in politica…” .
Per me, sarebbe normale, oltre che bello, tutto questo.

Sarebbe bello, anche in campagna elettorale, sentire persone parlare alle persone, e non schieramenti parlare a voti.

Sarebbe bello che, chi condivide gli stessi ideali, facesse proprio un progetto comune, non strategie, non alleanze, non accordi, ma un progetto comune che esalti punti di forza e anche, perché no, criticità (quelle ci sono e ci saranno sempre, solo per il demagogo è tutto bello e facile).
Sarebbe bello che, anche tra chi condivide gli stessi ideali, non si cerchi di mettersi in evidenza a scapito del vicino, solo perché affronta il problema in un modo diverso, ma si vincano le sfide assieme.

Certo...sarebbe bello, ma forse non sarebbe conveniente..paradosso aristotelico.

lunedì 21 novembre 2011

Decrescita serena, ovvero "apologia dell'acrescita"

Sabato ho partecipato ad un seminario in cui si parlava proprio di questo, ovvero di come conciliare l'atteggiamento di crescita spasmodica che ci caratterizza (nella tecnologia, nell'economia, nella carriera...) con la finitezza di un mondo che ha raggiunto, ormai da tempo, i suoi confini. L'analisi è stata molto approfondita, con contributi macroeconomici e geopolitici che, lo ammetto, mi hanno lasciato spiazzato (..so di non sapere..) facendomi cogliere probabilmente l'1% dell'interesse verso la materia e, anzi, facendomi uscire con un senso di disagio. Mi domandavo infatti come sia possibile che nel mondo dei ricchi ci si debba complicare la vita nel demonizzare questa fortuna, addossandole le colpe di una continua frustrazione dovuta alla mancata soddisfazione di bisogni (sempre più indotti e sempre meno reali) che la società del consumo ci impone come status symbol.

Mi sto documentando un po' e, con le dovute cautele, l'argomento sta diventando abbastanza interessante. Cito Latouche, uno dei massimi teorici di questo nuovo approccio al consumo, e il suo modello dell 8 R:

rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare.

Rivalutare
significa creare un differente immaginario collettivo che colmi il vuoto di valori (amore della verità, senso della giustizia, responsabilità, rispetto della democrazia, elogio della differenza, dovere di solidarietà, uso dell’intelligenza), creando una nuova base etico-sociale. Su questa base Riconcettualizzare e Ristrutturare gli apparati produttivi e i rapporti sociali, nell’ottica di Ridistribuire le ricchezze e l’accesso al patrimonio naturale, rappresenta l'involuzione della globalizzazione a fronte della localizzazione (o località degli scambi).
La sostituzione del globale con il locale rappresenta infatti il fulcro di qualsiasi progetto di decrescita, come Latouche ben sintetizza affermando che “Se le idee devono ignorare le frontiere, al contrario i movimenti di merci e capitali devono essere limitati all’indispensabile” ed aggiungendo che la rilocalizzazione non deve essere soltanto economica ma “anche la politica, la cultura, il senso della vita devono trovare un ancoraggio territoriale”.

In questa ottica, anche i rifiuti del consumo diventano importanti. Infatti Riutilizzare e Riciclare restituisce utilità al rifiuto, ne riduce la produzione ulteriore e combatte l’obsolescenza programmata dei prodotti, frutto normalmente di accurate operazioni di marketing (in cui il bisogno si crea) che dell'utilità reale.

Latouche considera elemento fondamentale per una decrescita serena la valorizzazione dei “beni relazionali come l’amicizia e la conoscenza, il cui consumo non diminuisce le scorte esistenti ma le aumenta”. Nell'ottica quindi di uno scambio di equivalenti (denaro a fronte di prodotto) introduce una nuova valuta (tempo a fronte di relazioni).

Insomma, rivalutare la propria scala di valori dando maggiore enfasi all'essenzialità a fronte delle sovrastrutture che il consumismo ci impone restituisce la giusta posizione alle cose e apre spiragli al mondo delle relazioni. Se non sono alla ricerca spasmodica di un bisogno materiale ho tempo ed energie da dedicare a tutto il resto.

E questo è un bel motto.

venerdì 18 novembre 2011

Istituzioni e cittadini: una spaccatura incolmabile? Il 26 novembre, a Montalto di Castro, una prospettiva differente

Una opinione diffusa, una certezza dirompente, uno stato d'animo ineluttabile.
Condizioni che vincolano drasticamente la considerazione della cosa pubblica da parte dei cittadini, dell'uomo della strada. La convinzione che il proprio punto di vista non sia importante e che le proprie proposte di miglioramente siano, a prioristicamente, relegate nel fondo dei cestini dei Palazzi influenzano molto la partecipazione attiva di chi invece le cose vorrebbe cambiarle, di chi sente ancora vivo il senso di appartenenza alla propria comunità e vorrebbe, con impegno e dedizione, parteciparvi (nel senso etimologico dell'esserne parte integrante).
Salendo di importanza nella gerarchia delle istituzioni, da quelle comunali, provinciali, regionali a quelle nazionali, il distacco e l'a-politica aumentano, rendendo ancora più profondo questo baratro e garantendo agli abitanti di questi palazzi il pieno controllo di tutto, soprattutto dei nostri destini.
Un'alternativa, però, è forse proponibile.
Da tempo, molti comuni italiani sono impegnati in una sfida, complessa ma stimolante. Questi visionari hanno fatto proprio il concetto di "inclusione", di "co-progettazione", di "democrazia partecipata" e hanno dato vita ad un esperimento: la pianificazione strategica partecipata.

Il Piano Strategico partecipato è un atto volontario di pianificazione e condivisione di una interpretazione futura del territorio, mediante politiche e interventi pubblici e privati. E’ un’occasione per costruire un futuro partecipato; dopo essere stato concertato, viene infatti firmato congiuntamente da tutti gli attori principali che lo condividono.
Le idee, le opinioni, le competenze di tutti i soggetti della vita sociale, culturale, economica, scientifica e politica della città, messe in comune, si trasformano in scelte condivise per un progetto concreto di sviluppo del territorio.


Di questo vorremmo parlare insieme, a Montalto di Castro, il 26 novembre, coinvolgendo per primi gli attori del Terzo Settore, le organizzaioni no profit, gli enti di promozione sociale e culturale, uomini e donne che vedono nella cooperazione e nella sussidiarietà la risposta ad un bisogno sociale.
Con loro vogliamo parlare dei Piani sociali di zona, di cosa siano, di come sia possibile redigerli in un'ottica partecipata, di come questo atteggiamento rappresenti un'ottima opportunità di ridurre i costi dell'intervento, di renderlo più mirato, più efficace, più in linea con i bisogni e con le necessità della popolazione.
Con loro vogliamo iniziare un cammino, una riforma profonda nel modo di pensare il nostro paese.

Un modo diverso di concepire l'amministrazione locale è possibile, esiste ed è consolidato; invertire i processi decisionali, renderli realmente democratici lo è altrettanto.
Il terzo settore è il primo di una lunga serie di aree su cui declinare questo nuovo "modello di pensiero": il lavoro, la promozione turistica, la trasparenza amministrativa, l'urbanistica, l'artigianato, l'agricoltura sono solo alcuni dei settori che dalla partecipazione popolare traggono le loro migliori idee.

Proviamoci insieme!

giovedì 17 novembre 2011

Artefici del cambiamento: la parola alla gente

Sto chiudendo il mio intervento previsto per questa sera. Tutti i pezzi girano a dovere e mi sembra che anche i collegamenti tra una materia e l'altra siano abbastanza coerenti. Domani mattina pubblicherò un post in cui racconto nel dettaglio la linea che vorremmo seguire, una sorta di strategia politica di attuazione sul tema, che ha molto di strategia, ma poco di politica.
La tensione, benchè chi mi sta vicino dica il contrario, comincia a salire. Non mi preoccupa tanto il confronto con la platea (non è questo), nè il fatto di non essere preparato (conosco per esperienza personale la materia e in questi giorni ho studiato molto, cercando riferimenti normativi e buone pratiche che sostenessero la mia proposta).
Morale della favola: la sostanza ce l'abbiamo.
E' proprio questo che mi spaventa. Ho identificato adeguatamente il mio concetto di "sostanza"? O sto solo proponendo qualcosa che non sarà recepito e, di conseguenza, apprezzato? Il tema è forse troppo lontano dai bisogni delle persone, che si sentiranno prese in giro dall'ennesimo cantastorie?  Questo non potrò saperlo fino a che non avrò riscontri dalla gente, e forse neanche in quell'occasione avrò la certezza che il messaggio sia davvero arrivato.
Ragionandoci però con alcuni amici e con la mia famiglia, ho raggiunto la consapevolezza che quella che vado a raccontare è la MIA idea della politica, non l'idea che la gente vorrebbe ascoltare da me. La demagogia non è mai stato il mio forte e raccontare balle insostenibili neanche.
Proporre un processo alternativo, fatto di programmazione a lungo termine, di concertazione, di scambio continuo, di controllo e monitoraggio trasparente, è l'unica via che ritengo vincente per aprire l'uscita dalla crisi.
Badate bene...per aprire l'uscita dalla crisi, non per uscirne! Il lungo termine degli obiettivi di cui parlerò mi preoccupa altrettanto, insieme all'impegno che la scommessa richiede ai miei concittadini. Ma, anche qui, non vedo alternative altrettanto efficaci, se non iniziare con obiettivi lungimiranti a cui devono seguire azioni pesanti.
La saggezza delle folle è quanto di più efficace io ritenga in questo momento, la sua valorizzazione e la sua centralità dei fattori vincenti su cui voglio puntare.
Staremo a vedere.

mercoledì 14 settembre 2011

Sarà grave?

I titoli dei giornali, anche quelli che si fanno magari leggere meglio, mi lasciano più o meno indifferente.
I confronti accesi su declino morale, economico e sociale mi hanno adeguatamente annoiato.
Ieri sera mi sono addormentato guardando Ballarò.
Sarà grave?
Sono riusciti ad esasperarmi al punto che me ne sto fregando io pure e, viva dio, "facciano un po' quel che vogliono della mia vita e del mio Paese"? Mah..ho forse assunto la consapevolezza della mia impotenza e ho finalmente superato la sindrome chisciottesca del mulino a vento?
Meglio se mi adeguo al sistema e provo io pure a fottere simpaticamente il mio vicino?

Naaaaaaaaaa...c'ho solo altro da fare! :) aho so stanco...mica rincojonito!

venerdì 15 luglio 2011

The start-up of me

Se questo è un diario...ebbene che lo sia, che racconti anche di quello che mi accade e di quello che sento, non solo dei miei punti di vista sulle cose. Quindi...che sia!
Oggi mi girano discretamente, è il primo giorno di "astensione obbligata dal lavoro", soprannominata cassa integrazione dagli amici più cari, ne seguiranno altri 43 su 12 mesi, e altrettanti per i 12 mesi successivi. Mi girano perchè ho puntato sul mio lavoro, sull'azienda per la quale ho dato e do quotidianamente l'anima affinchè "i numeri tornino", mi girano perchè a tanta ambizione e a tante promesse sta seguendo un trattamento di favore a cui avrei rinunciato volentieri, mi girano perchè è della mia realizzazione professionale e dei miei obiettivi che si sta parlando.
Detto questo, nei giorni passati (in cui la notizia, ormai certa, diventava sempre più assordante) stavo cadendo nell'errore di pensare "se tornassi indietro farei..., ah se potessi di nuovo scegliere sceglierei...". Poi ho riletto quello che ho scritto qualche tempo fa e, piano piano, alla delusione si è sostituita una bella motivazione al cambiamento.
Ho deciso, e sono fortemente convinto, che non valga la pena stritolarsi di delusione e rabbia, ma che tutta questa carica vada spinta verso una direzione costruttiva, verso sponde che fino ad oggi un eccesso di sicurezza e stabilità facevano considerare forse troppo lontane.
A 30 anni posso ancora permettermi di rischiare, e farlo con accortezza ancora di più, posso ancora permettermi di avere obiettivi e di lavorare per raggiungerli.
Non sono ancora arrivato a destinazione, forse la stabilità me lo aveva fatto dimenticare, ma non è ancora accaduto, ho ancora strada da fare, mondi da esplorare, cose da imparare. Questi giorni mi serviranno a questo, a tentare, ad immaginare, a studiare, a rischiare.
Un bel post su un blog di Repubblica racconta di "The Start-Up of You", l'editoriale di Thomas Friedman sul New York Times che riprende il titolo dell'ultimo libro di Reid Garrett Hoffman (co-fondatore di LinkedIn e board member, tra le altre, di Mozilla e Zynga). Un passaggio in particolare mi ha colpito, una spinta a cercare mercati in crescita, quelli potenzialmente recettivi, e a cercare le modalità in cui il tuo contributo possa creare valore là dove altri non si siano ancora confrontati. Un invito a diventare persone che sanno inventare, adattare e reinventare il loro lavoro ogni giorno.

domenica 3 luglio 2011

ANGOLO LIBRI - LeaderShit

Il sottotitolo completa alla perfezione un titolo che, già di per sé, anticipa adeguatamente un tema caldo: "Rottamare la mistica della leadership e farci spazio nel mondo".
Tema principale quindi la demolizione di un concetto ormai superato, ovvero l'idea di un essere supremo, investito di poteri soprannaturali, a cui è stato demandato il ruolo di capo e guida dell'umanità, o meglio di una schiera di intelligenze passive (presunte tali) che rappresentano la sua corte (follower).
L'autore (Andrea Vitullo) analizza nel dettaglio ciò che "leadership" e "essere leader" hanno rappresentato fino ad oggi, e lo fa partendo dal significato delle parole che ne hanno descritto il corso, parole il cui significato è stato in realtà plasmato dalla convenienza occasionale, stravolgendone quello ancestrale.
Ad ogni termine è associato un significante reale ed un significante "di comodo" e l'autore, come in un trasloco nel quale si cambia vita e città, conserva in una scatola quanto di buono ha maturato e getta in un cestino quanto di fuorviante e mistificatore ha prodotto.
Viene fatta quindi una carrellata dialettica su termini tipo potere, visione, carisma e mistica, tutti termini che hanno caratterizzato la figura della leadership e che ora, rivalutati, traghettano verso quella della leadershit:
- potere diventa quindi creare relazioni, connettere, esplorare possibilità
- visione diventa stare nel presente e condividere esperienze
- carisma mettersi al servizio, con gioia ed entusiasmo, degli altri
- mistica riconciliarsi con il proprio limite e, in tale consapevolezza, approcciare gli altri con tolleranza ed altruismo.
La variazione, come ritorno alle origini, parte da una differente visione delle cose e delle attitudini verso di esse, ovvero si passa da un approccio di tipo maschile (caratterizzato dall'autorità, dall'imposizione, dalla forza e dalla dominanza) ad un approccio femminile (in cui a prevalere è l'apertura verso l'altro, la collaborazione, l'ascolto e la tolleranza). Nella mistica del leader c'è quindi, di base, l'erronea attribuzione al capo di caratteristiche di predominanza maschile, che fanno venir meno quegli aspetti di apertura e di socialità, tipici della sensibilità femminile.
Viene naturale la declinazione nei contesti attuali del web 2.0, in cui gli strumenti di partecipazione diretta, fortemente collaborativi, trovano ampio spazio di dialogo nella leadershit. Nessuno impone il proprio pensiero agli altri e nessuno lo riceve passivamente, ma nella comunità e nell'intelligenza collettiva,nell'ascolto delle opinioni di tutti, c'è la vera crescita dell'idea.
Il leader è vetusto, superato, non necessario.
Vitullo termina con alcune interviste alle donne della leadershit, a quelle che creano quotidiamente laboratori di idee ed azioni sociali, in cui umiltà e gentilezza son fattori determinanti per avvicinarsi alle persone e all'allestimento del nuovo. Attività che hanno l'ambizione di porre il dubbio e di scatenare domande, strumenti potenti affinchè lo status quo sia messo in discussione e le intelligenze collettive superino prepotentemente l'esigenza di un'unica guida.

Andrea Vitullo nasce e studia a Roma, ora vive a Milano. Ha un passato come marketing manager in Italia e negli Stati Uniti con posizioni direzionali in aziende multinazionali e società di servizi. Oggi è ispiratore di organizzazioni ed executive coach di imprenditori e manager. Nel 2006 ha fondato Inspire , un gruppo di professionisti che mettono a disposizione delle organizzazioni i loro occhi per disegnare e realizzare progetti di ascolto, comunicazione e innovazione. È docente del Master Universitario in Consulenza Filosofica presso la facoltà di Venezia e professore associato presso The European School of Management ESCP-EAP di Torino. Pratica filosofia e yoga. È autore di Leadership Riflessive (2006 - Apogeo).

lunedì 27 giugno 2011

Siiiiiiiiiiiiiiiiii...viaggiaaaaaaaaaaareeeeeeeeeeeeeeeeeeee

Sabato in trasferta a Siena, per un lietissimo evento. Partiamo in macchina, fa un caldo bestiale ma si viaggia bene. Non c'è tanto traffico, bei cd nello stereo, si chiacchiera, si ride..ahahaha che bella giornata! Un cazzo! All'altezza di Paganico la strada da due corsie torna a quattro, accelero un pochino.."Dai arriviamo un po' prima così facciamo tutto con calma". Si ride, si scherza, si canta...ad un certo punto una sagoma in mezzo alla strada...a circa mezzo chilometro...che sarà? Un automobilista in difficoltà? Qualcuno che si è perso qualcosa? "Oibò" che sarà???
Ve lo dico io che è! Un poliziotto che si pianta in mezzo alla strada e alza la sua bella palettina, sono in sorpasso, tra me e me penso "non ce l'avrà con me", anche il sorpassato fa per fermarsi ma il poliziotto gli fa segno di proseguire. Ce l'ha proprio con me. Cazzo....
Mi fermo, spengo la macchina, assumo un tono mesto alla topo gigio...Il dialogo si fa serrato:
-"Buongiorno!"
- "eh...'ngiorno..."
- "Andava un po' forte lo sa...?"
- "Eh...lo so..."
- "Patente e libretto di circolazione"
- "Guardi..la macchina è a noleggio", come per dire...non l'ho rubata stia tranquillo.
- con fare come se dicesse.."sti cazzi"..il poliziotto prosegue "Dia dia"
Breve conciliabolo tra i due tutori dell'ordine, poi si avvicina l'altro e mi fa (con un ghigno diabolico sulla faccia)
- "Venga, venga che le faccio vedere la fotina"
...ma porc...varie imprecazioni mentre mi avvicino all'aggeggio...un meraviglioso esempio di telelaser...perfettamente tarato...che mi ha messo a fuoco a 537 metri di distanza...a 148 km/h (il limite era 110)...quasi mi si vedeva che cantavo e ridevo.
Ah si?? Canta e ridi adesso stronzo! (ho pensato tra me e me...).
Se fossi andato a 5 km/h in più (cosa plaaaaaaaausibiliiiiiiiissima) m'avrebbero tolto la patente.

Morale della favola:
A) il telelaser è uno strumento del demonio
B) m'hanno tolto 3 punti sulla patente e fatto 159€ di multa
C) ultimo ma non per importanza: sono un coglione!

Però ne è valsa la pena :)

mercoledì 22 giugno 2011

Il visionario: pazzo o illuminato?


Secondo il dizionario etimologico, Visionario è chi ha idee folli, stravaganti, chimeriche. La follia, la stravaganza e la chimera sono tre concetti che denotano negativamente un atteggiamento, si fondano sul presupposto che l'oggetto sia irrealizzabile e, come tale, sintomo di poca aderenza con la realtà.
Romano Madera, ne L’animale visionario (1999), descrive l’essere umano come l’unica specie capace di “immaginare altrimenti”, di produrre dunque alternative che modifichino l’esistente liberando la dimensione del Possibile.
Già così mi piace di più, il visionario diventa l'uomo che libera la realtà dai limiti della routine e quindi ne estende le possibilità. Il visionario non è più solo un folle, ma è un innovatore.
C'è di più. Il visionario è colui il quale, andando ad intaccare degli equilibri prestabiliti e delle logiche ormai consolidate, incrina delle convenienze, rompe dei patti, amplia le possibilità dei pochi e le apre ai molti. Il visionario non è più solo un folle e un innovatore, ma è anche un cospiratore.
Io aggiungerei che il visionario è colui il quale fa della fantasia e della lungimiranza uno stile di vita, lo applica in ogni contesto con cui si confronta e di cui è parte, ne fa una base di partenza del pensiero stesso.
Quindi è, principalmente, un sognatore.Cosa è quindi il visionario? Il visionario è niente più che uno stato mentale. Tutti potenzialmente lo siamo nel momento in cui usciamo dagli schemi e dalle consuetudini per proiettarci, con rischio, verso orizzonti solo intuiti, seguendo dinamiche che nessuno ha ancora mai sperimentato.
Quanto siamo visionari?

martedì 14 giugno 2011

Servono idee!Si ma come?

Il concetto è molto semplice: restituire alla base elettorale la possibilità effettiva di consigliare ed influenzare il programma di Governo, dando supporto alla decisione ai nostri rappresentanti in Parlamento.
Detta così suona effettivamente molto facile, ma come si può fare?
Prendendo spunto dal link consigliato dal mio collega ed amico Davide e dagli insegnamenti social di Maria Silvia, provo a descrivere brevemente un mezzo per poter mettere in pratica, anche in Italia, quello di cui qualunque stato democratico dovrebbe dotarsi.
Lo strumento non è altro che una piattaforma strutturata, accessibile via web, per proporre linee di azione e riforme, una banca delle idee, in cui ciascun cittadino propone quella che secondo lui è una iniziativa utile a migliorare le cose.
Per dare ordine al processo, potrebbe essere comodo utilizzare il modello dei sei cappelli per pensare (Edward De Bono), in cui ciascuna fase identifica delle peculiarità, dei punti di ingresso e di uscita verso la fase successiva, ovvero:
  1. Le idee della folla sono inizialmente raccolte tutte nel contenitore, senza giudizio da parte della comunità. Ne verrà fuori un mero elenco, con tante voci, in cui nessuna prevale sull'altra, ma tutte hanno pari dignità e possibilità di proseguire (cappello bianco).
  2. Queste voci sono ora sottoposte al giudizio della collettività che, sulla base della convenienza emotiva, darà peso all'una piuttosto che all'altra. Il giudizio determinerà un gradimento, quindi democraticamente passeranno alla fase successiva solo le idee (azioni, riforme, leggi, tagli, investimenti..) che riceveranno la maggioranza - niente più lobby o interessi locali, ma solo massimo beneficio per quanti più possibile (cappello rosso).
  3. La selezione che ne deriva è sottoposta al giudizio di fattibilità, mirato a far venire fuori gli aspetti critici dell'iniziativa e le possibilità che questa non possa essere messa in pratica (cappello nero).
  4. La stessa selezione viene ora analizzata positivamente, ovvero vengono esaltati tutti i punti di forza (cappello giallo).
  5. Solo le idee fattibili e particolarmente interessanti passano a questa fase, quella realmente costruttiva. Le migliori proposte vengono strutturate e dettagliate - sempre socialmente, attraverso il contributo della comunità - e assumono la dignità di un progetto da proporre all'attenzione dei politici. Creatività, preparazione ed innovazione trovano la loro massima espressione (cappello verde).
  6. La fase finale è quella della realizzazione, si pianificano ed organizzano le attività. A questo punto, chi è chiamato a farlo, indossa il cappello blu e conduce le danze,  ma qui la community alza le mani e non può far altro che monitorare la corretta esecuzione delle proprie proposte.
Insomma, la piattaforma che ho in mente è una declinazione politica del crowdsourcing, che letteralmente significa "proveniente dalla folla", una tecnica abitualmente usata nella progettazione del web centrato sull'utente.
Dal parer mio, anche la politica dovrebbe essere centrata sull'utente, ma visto che l'accesso a Montecitorio o Palazzo Madama non è così semplice, magari si può cominciare col far sentire che ci siamo ancora e che abbiamo ancora molto da dire. Il web è stato uno strumento fondamentale per lo scoppio della Primavera Araba, la rivolta è stata organizzata sui social network e grazie al tam tam di blogger indipendenti.
La nostra non deve essere una rivolta violenta (naturalmente) ma culturale, per riprenderci il Paese bisogna rappresentare costruttivamente l'alternativa e non criticare distruttivamente lo status quo.
Magari c'è già qualcosa di simile, ma io non la conosco.
Chi ha voglia, indossi vari cappelli e mi dica la sua. Beh...che si fa?

sabato 11 giugno 2011

"Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico." Art. 48 della Costituzione Italiana

Parlare del referendum di domani potrà sembrare ormai un tema scontato. Su web se ne è parlato tantissimo e credo che tutti abbiano già deciso la cosa più giusta per sé e per il futuro del Paese. Io voterò SI a tutti e quattro i quesiti, ma non cercherò di convincere nessuno a fare lo stesso. Ognuno decida secondo coscienza, le tematiche sono molto importanti e i sostenitori del NO e quelli del SI hanno ottime ragioni a suffragio sia dell'una che dell'altra opzione. Come in tante altre occasioni, determinare chi ha ragione o chi ha torto è estremamente arduo, al cuore di ciascuno la miglior valutazione.
In questo post non voglio incitare quindi all'abrogazione di una norma iniqua che consente la costruzioni di centrali nucleari quando il resto del mondo le dismette, o all'abrogazione di quelle che garantiscono ad organismi privati di lucrare su un bene pubblico ed essenziale come l'acqua, o ancora all'abrogazione di una legge che garantisce l'impunità ad un criminale de facto. Non voglio fare questo (hihihi...s'era capito no?), ma voglio incitare gli italiani a riappropriarsi della propria identità e del proprio ruolo di cittadini, a far valere il proprio diritto ad esser parte in causa di decisioni di interesse collettivo.
Andate a votare quindi, fatelo con responsabilità e scegliete ciò che ritenete essere il meglio, ma FATELO! E' importante raggiungere il quorum, è importante che il NO sia un NO democratico in cui è la maggioranza a determinarlo, è importante che il SI sia un SI incazzato e coraggioso, è importante che qualunque sia l'esito questo sia legittimato e non sia un inutile sperpero di denaro pubblico.
Abbiamo votato alle amministrative poco tempo fa, non aver accorpato i referendum è stato l'ennesimo tentativo dei furbetti per sfruttare l'effetto noia e disincentivare la consultazione, renderla vana. Facciamo si che non ci riescano!
ANDIAMO A VOTARE TUTTI, IO VOGLIO SCEGLIERE!

mercoledì 8 giugno 2011

Il prezzo del silenzio

Ormai è notizia certa, dal prossimo palinsesto di Rai 2 Annozero non sarà più una trasmissione del servizio pubblico e Michele Santoro non ne sarà più uno dei collaboratori più discussi.
Nel linguaggio giuridico, con il termine accordo transattivo si intende la conciliazione di due litiganti in una soluzione conveniente per entrambi, una botta al cerchio e una alla botte insomma.
In questo caso particolare, la transazione ha portato a Santoro 2,3 milioni di Euro, alla Rai e al Cda di Governo una posizione scomoda in meno.
Si è dato quindi un valore al silenzio e si è posto fine ad una diatriba tra conduttore e Direzione che andava avanti ormai da troppo tempo, un rapporto di amore-odio che, se da un lato consentiva alla seconda rete nazionale ascolti da record, dall'altra la esponeva al rimprovero della politica.
Santoro, Vauro e Travaglio non saranno più nemici della Patria e della Democrazia e il mezzo pubblico sarà ora utilizzato più proficuamente.
Questo è la ricostruzione che Maurizio Lupi farebbe dell'accaduto, con buona pace del contradditorio, al grido unanime di "Giustizia è fatta". Hanno vinto tutti. Secondo loro.
Secondo me un grande sconfitto c'è: è l'abbonato Rai, quello che il posto in prima fila se lo paga tutti gli anni, anche se assiste solo ad alcuni spettacoli (Report, Annozero, Presa diretta..per citarne alcuni) preferendo un cinema ad altri (TG1, Porta a porta...).
In che senso sarà vittima di questo? Nel senso più semplice ed immediato possibile, ovvero che continuerà a pagare una tassa a fronte di servizi sempre più scadenti, in cui l'unica forma di pluralismo sarà la possibilità di cambiare canale. Molto banalmente, sei milioni di telespettatori significheranno sostanziali introiti pubblicitari in meno..e quindi meno investimenti sulla qualità. Il mio canone e quello di tanti altri saranno utilizzati per pagare X-factor o L'isola dei famosi, programmi di intrattenimento sicuramente indiscutibili ma dello spessore intellettuale di una pulce d'acqua (non me ne vogliano Maionchi, Ventura e la pulce d'acqua). Insomma, panem et circensem a go-go, approfondimenti e confronto su tematiche di attualità nothing.
Non che io stimassi particolarmente Santoro, dall'approccio sicuramente monopartisan e decisamente arrogante, ma almeno conduceva un'arena in cui c'era qualcuno che la pensava diversamente, con ospiti e tematiche importanti.
E' vero, tutto questo probabilmente continuerà su La 7, ma a parte essere contento per gli amici di Telecom, non vedo motivi per essere speranzoso che prima o poi in Italia torni la libertà di informazione.
Ogni cosa ha il suo prezzo, ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà. (Edoardo Bennato)

lunedì 6 giugno 2011

"È difficilissimo parlare senza dire qualcosa di troppo." (Luigi XIV)

Durante la messa all'ippodromo di Zagabria, alla presenza di 400 mila fedeli, Benedetto XVI , ribadendo il «no» della Chiesa alla convivenza, ha decretato: «Non cedete a quella mentalità secolarizzata che propone la convivenza come preparatoria o addirittura sostitutiva del matrimonio,.., la famiglia deve affrontare difficoltà e minacce, quindi ha particolare bisogno di essere evangelizzata e sostenuta. ... .Siamo chiamati a contrastare questa mentalità » (La Repubblica).
A metà tra l'incredulo e il curioso, sono andato a ricercare il vero significato di secolarizzazione.
Secondo Wikipedia "la secolarizzazione è quel fenomeno per il quale la società non adotta più un comportamento sacrale, si allontana da schemi, usi e costumi tradizionali. ... .La secolarizzazione è un processo tipico dei paesi occidentali in età contemporanea, che induce ad agire e a pensare in modo sperimentale e utilitaristico, mai sacrale e trascendente."
In quest'ottica quindi, la malvagità delle coppie di fatto sta nell'approcciare la vita e l'amore in modo personale, senza rifarsi a consuetudini o obblighi che, di fondo, non sentono propri. Sta nel rinnegare costumi tradizionali, nel pensare e nell'agire perseguendo la propria utilità (felicità), senza rimandare alla trascendenza di un progetto già predefinito, ma costruendolo giorno per giorno...sperimentando.
Che c'è di male in tutto questo? Dov'è il peccato? Dov'è la superficialità?
Le coppie di fatto non sono famiglie, e come tali non hanno nessun diritto. Nessun diritto comune se si acquista una casa, nessuna tutela dei figli, nessun diritto in caso di morte di uno dei coniugi. Essere "secolarizzati" in Italia significa veder rinnegata la propria unione di fronte alla legge e di fronte alla società.
Se questo pensiero si riducesse al chiacchiericcio delle massaie sul sagrato della Chiesa, sarebbe solo che folkloristico e rappresentativo di un'Italia a tratti anche tenera, ma se questo pensiero diventa dictat e influenza l'etica della politica o orienta le persone al voto, allora un pochino cominiciano a girarmi.
Ritengo che la libertà di scegliere sia un diritto fondamentale da preservare e che nessuno possa arrogarsi il diritto di vincolarla, adducendo motivazioni francamente poco sostenibili. Il vero amore non ha bisogno di vincoli nè di contratti, ma di protezione. Si rinnova ogni giorno nella scelta reciproca e nel dono di se.
Decisamente si è andati oltre, si è detto qualcosa di troppo. E in Italia la percentuale di divorzi aumenta...ma il matrimonio non era "impegno a costruire legami duraturi di appartenenza reciproca"?

lunedì 30 maggio 2011

Chi siete? Dove andate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!

"Non ci resta che piangere", un grandissimo film, uno dei miei preferiti. Troisi e Benigni in un viaggio nel tempo che ti fa ammazzare delle risate. In particolare la scena della dogana, con i due protagonisti alle prese con un dazziere un po' rinco, che gli chiede in continuazione chi fossero, dove andassero, si ma quanti fossero...per poi presentare il conto: Un fiorino! Una, due, tre volte...Grande scena, grandi attori.
Qualche tempo fa ho scritto un post sul viaggio, una comparazione tra cosa è il viaggio e come esso rappresenti secondo me una bella metafora della vita. In questo post, era vagamente accennato un altro tema che mi sta molto a cuore: quello della scelta e delle sue ripercussioni.
Il film mi ha fatto tornare su questo pensiero..porsi domande del tipo "Chi sono?", "Dove sto andando?" è abbastanza comune soprattutto quando fai bilanci, quando devi prendere decisioni importanti, magari quando ti è arrivata una bella delusione.
Si cercano scusanti o spiegazioni, molto spesso alibi, si ragiona col senno del poi, ah se avessi fatto questo...ah se tornassi indietro farei questo...ah qui...ah li...Insomma, nell'errore la mistificazione del rimpianto.
A questo tipo di domande, seguono risposte che anzichè darti la carica per ripartire, ti fanno scivolare ancora un po' più giù, ti fanno venire la nostalgia del passato e di momenti che non torneranno, ti fanno rosicare di non aver fatto questo o quello. Morale della favola, piangere sul latte versato non fa altro che farti perdere altro tempo prezioso, in cui potresti fare altre scelte, vivere altre esperienze, commettere altri errori, gioire di altre soddisfazioni.
Cambiare prospettiva è fondamentale. Le scelte fatte raramente sono mutabili a costo zero. Raramente non lasciano strascichi e, per quanto si voglia dimenticarle, qualche segno lo lasciano sempre.
Per quanto mi riguarda, giuste o sbagliate che siano a posteriori, non rimetto mai in discussione le scelte fatte a priori. Ciò che ho fatto è ciò che, con la mia conoscenza della situazione e con la mia sensibilità del momento, ha rappresentato la cosa migliore. Non avrei potuto fare diversamente se non quello che ho fatto. In caso contrario SI avrei avuto un rimpianto o un rimorso. Se qualcuno avesse scelto per me, sarebbe stata la vita di qualcun altro, e questo mi avrebbe fatto incazzare.
Scelgo, sbaglio, pago.
Ciò che sono è ciò che ho scelto e che scelgo quotidiamente di essere.

giovedì 26 maggio 2011

Lasciate che i pargoli vengano a me..

Non credo che quando Cristo disse questa frase, citata nel Vangelo secondo Matteo (cap.XIX v.14), avrebbe mai immaginato come i suoi Ministri sulla Terra l'avrebbero poi messa in pratica.
"Lasciate che i pargoli vengano a me", alle porte del Tempio, rappresentava un invito ai saggi affinchè i bambini fossero accolti e, protetti dall' abbraccio dell'amore incondizionato, potessero apprendere il mistero della Fede e vivere, su quell'insegnamento, nell'amore e nella gioia.
I racconti della vita scelerata di Don Seppia e di tutti gli altri preti pedofili tutto sono tranne che storie di amore e gioia. Bambini affidati alle cure dei parroci da genitori inconsapevoli, che tutto avrebbero immaginato tranne che, nell'allegria dell'oratorio o nella sacralità della Sacrestia, si consumavano in realtà crimini orrendi.
Orrenda è l'immagine di un uomo che offre cocaina in cambio di sesso ad un bambino, orrenda è l'immagine di un uomo che sfrutta la povertà di un orfano per soddisfare la sua fame di peccato, orrenda è la collusione di chi sapeva, poteva e taceva, orrenda è la cecità di chi ancora si ostina a negare.
Orrenda è l'immagine di tutte queste cose fatte da un'autorità di garanzia morale.
La condanna di Bagnasco suona solo come un atto dovuto, chiudi il cancello dopo che le mucche sono scappate. Storie vecchie di chi, ormai adulto, trova il coraggio di ribellarsi. Denunce cadute nel vuoto, tentativi di mettere a tacere col denaro, allontamenti repentini non risolvono il problema, lo nascondono al giudizio dell'opinione pubblica e espongono altri a rischi indicibili.
Di questo ha bisogno la Chiesa per mantenere il proprio ruolo politico nel mondo? E' talmente tanto fragile che non può ammettere l'esistenza di mele marce e punirle in modo giusto? Perchè non rimettersi alla giustizia ordinaria? Cosa potrebbe venir fuori? Forse la verità, e questo spaventa.
Il sacramento della Cresima rende tutti i cresimati un soldato di Cristo, anche a questa guerra dico che non sia fatta nel mio nome.

lunedì 16 maggio 2011

La Babele de no' artri

Auotogrill. Un fila immensa di persone aspetta alla cassa.
Supponevo che ci sarebbe stata gente in coda, appena parcheggiata la macchina avevo visto quattro autobus con relativi capannelli umani che si sgranchivano e fumacchiavano in attesa di ripartire. Serpentone pure davanti al bagno.
Vabbè prendo prima il caffè, poi "espleto" un'altra funzione (un fax urgentissimo da mandare), poi riparto.
Sono in tempo e poi, chissenefrega, chi mi aspetta pazienterà altri cinque minuti.
La porta scorrevole si apre e, come volevasi dimostrare, mi aggiungo anche io alla coda. In certe situazioni, le richieste sono sempre le stesse: "Un caffè lungo, uno corto macchiato freddo, uno corto in tazza grande macchiato caldo (??), per me un cornetto alla marmellata".
Qui la situazione è diversa. Le persone in coda sono tutte spagnole e non spiccicano una parola di italiano. Le due lingue più o meno si somigliano, non è swahili o lettone, voglio dire, due lingue neolatine in cui anche le parole, per assonanza, sono assolutamente comprensibili.
La prima volta che sono andato a Santiago de Compostela, un avvocato galiziano si complimentò con me per il mio accento, benchè io non avessi mai parlato spagnolo in vita mia.
Vabbè, comunque, c'era qualche problema alla cassa. Una signora faceva da intermediaria per un gruppetto di anziani, teneva due bottiglie di acqua naturale in mano e continuava a dire al cassiere (decisamente in difficoltà): "Dos mas! Dos mas" (altre due! Altre due!).
Scena comica. Il commesso, visibilmente in difficoltà continuava ad indicare il bancone davanti a sé, dicendo: "Me lo devi passare il MARS, devo passare il codice!!". Tutto questo davanti a decine di persone perplesse.
Dal fondo si sente una voce, la mia, che dice: "Altre due bottiglie d'acqua per favore, non il mars".
Una simpatica vecchietta dal cappellino giallo si gira e, esausta, mi fa: "Gracias..."
Sospiro di sollievo generale, la fila scorre, si riparte.

lunedì 9 maggio 2011

ANGOLO LIBRI - Adesso basta

Ultima lettura...decisamente promettente, abbastanza deludente. Della serie: "il ragazzo ha del potenziale, ma non si applica abbastanza".
Ecco, se dovessi definire questo libro con un concetto, estremamente sintetico, direi che il tema è potenzialmente esplosivo, ma che lo svolgimento purtroppo non è degno di nota.
Molto brevemente, l'autore (Simone Perotti) affronta la questione downshifting da un punto di vista estremamente personale, mostra infatti la sua storia, per quale motivo e cosa lo ha spinto a fare la scelta che ha fatto, ovvero impostare un cammino di vita che lo ha portato, intenzionalmente, a rinunciare a tutto quello che aveva per una vita più libera. L'analisi è molto articolata e tratta nello specifico le varie fasi che il perfetto downshifter dovrebbe percorrere per arrivare all'obiettivo che, primo fra tutti, va definito. Coraggio e motivazione sono i valori fondanti, rinuncia e razionalizzazione le parole chiave, libertà e recupero del sé le grandi mete. L'autore, un po' presuntuosamente forse, asserisce che chiunque non abbia coraggio non può leggere questo libro, perchè lo stesso lo porterà a distruggere uno per uno i vincoli che ciascuno di noi pone al cambiamento. Se arrivi alla fine della lettura, non avrai più scuse per tirarti indietro, se non agisci sarà solo colpa tua e non avrai altri capri espiatori a cui addossare la tua vigliaccheria.
Beh..concetto interessante, chissà quali verità rivelate un lettore interessato (al tema) potrà trovare in questo libretto! La lettura scorre molto veloce, la narrativa non è raffinata, alcuni periodi risentono, anche nella forma, del tentativo dell'autore di galvanizzare e fomentare, di eccitare le menti all'azione. Ne viene fuori un libro che si spiega da sè, e questo lo apprezzo sempre, niente letture tra le righe, niente voli pindarici, poca suspence e nessuna aspettativa che il prossimo capitolo sia meglio. Insomma: piatto. E questo è quello che non vorrei mai trovare in un libro in cui ho creduto.
Ad un certo punto la svolta, in particolare all'altezza del capitolo "Facciamo un po' di conti". Francamente, lette quelle pagine, se non ne fossero mancate poche, non sarei andato oltre.
Perchè dico questo? Perchè si parla delle condizioni necessarie e sufficienti al downshifter..che riassumerei in tre principali:
  1. essere un professionista giovane, brillante in carriera
  2. avere hobby estremamente fighi che padroneggi in maniera quasi professionale
  3. guadagnare almeno 3500 euro al mese, naturalmente netti
Facile no? Se facessi un breve sondaggio, troverei centinaia di aspiranti downshifter...Se sei ricco, figo, bravo a fare un sacco di cose e adeguatamente scazzato da dire "Mi sono rotto le palle del Porsche perchè perdo tempo a parcheggiarlo", puoi cambiare vita, in fondo perchè dovresti continuare a torturarti?
Al netto di questo, pur non condividendo le modalità, segnalo comunque che l'obiettivo del Perotti è assolutamente interessante e degno di essere declinato, magari, in altri modi.
Riportare l'attenzione sulle cose vere (sulle amicizie, gli affetti, le passioni..), rimodulare il proprio paniere dei consumi in modo meno elitario (separando i bisogni veri da quelli indotti), ridare valore alla manualità e alla centralità dell'individuo sono forse la ricetta per vivere meglio diffusamente. Essere meno schiavi dell'esteriorità è la buona ricetta per superare il panico da "Mi si è rotto il palmare" o da "Cazzo non ho l'I-pad" e per godere di una passeggiata in riva al mare a costo zero.
Si può essere felici con ciò che si ha, semplicemente ridandogli valore, anche per rispetto di chi tutte queste fortune non le ha mai avute e campa dignitosamente, con spirito d'iniziativa e sacrificio ogni giorno.
Morale della favola, non mi è molto piaciuto, in linea generale. Ma una cosa SI l'ho molto apprezzata, la bibliografia e le citazioni. L'autore offre decine di spunti di riflessioni parafrasando e citando autori importanti, mi ha dato indirettamente molti consigli per nuove letture. Di questo gli va dato atto.
"Adesso basta" è un ipertesto che espone poco, ma raccoglie tanto, e questo già contribuisce alla causa.

giovedì 5 maggio 2011

Scurdámmoce 'o ppassato, simmo 'e Napule paisá!...

Pochi giorni alla tornata elettorale. Manifesti cittadini e spot televisivi incitano alla demagogia e alla politica del fare (alla demagogia appunto, ribadisco). Nuovamente a Napoli si torna a parlare dell'emergenza rifiuti, un problema che pare non aver soluzione, una piaga che affligge un popolo e che niente e nessuno sembra poter debellare.
Tutti tranne uno! Tutti gli scugnizzi dei quartier spagnoli lo incitano all'azione con i loro: "Gigante, pensaci tu!", e il Gigante Amico, calzati i tacchi della festa, spazza via in un solo colpo Jo Condor che, poveretto, non può altro che dire "Ma mi lasci... non c'ho la mutua!" (pubblicità delle merendine Ferrero durante Carosello).
La metafora ci sta a pennello. Naturalmente, i ruoli sono chiari. Inutile spendere altre parole sull'amico gigante. Le spendo invece sul gigante problema.
E' vero, i rifiuti a Napoli sono un problema, ma il vero problema a Napoli è la volontà di risolverlo sto problema. Ciclicamente, gli indici di gradimento impongono che si faccia qualcosa, alla svelta, operativamente, trovare una soluzione (Ma si subito! Che ci stiamo a pensare!). Il Governo del fare interviene, con decine di militari e mezzi del genio demansionati al ruolo di spazzini (con notevole danno all'erario se si pensa che le aziende municipalizzate sono già pagate per farlo).
Lunedì la scena si ripeterà, mercoledì massimo giovedì la città tornerà a splendere, telecamere e flash incoroneranno il gigante buono per aver salvato la Patria, poi i riflettori si spegneranno...e lunedì saremo di nuovo da capo a dodici. Ca a munnezza 'n miezz a via.
La soluzione è semplice da definire e impossibile da perseguire. Non è incrementare la differenziata, i poveri cittadini napoletani possono anche riempirsi la casa di secchi e sacchi, possono lavare il tetrapak e i barattoli della pummarola, possono compostare il compostabile e smettere di usare piatti e bicchieri usa e getta...ma tanto a munezza siempre n' coppa a via resta.
Ci resta perchè chi dovrebbe raccoglierla non PUO' farlo, perchè i cancelli delle discariche rimangono in-spiegabilmente CHIUSI, perchè i termovalorizzatori non termovalorizzano, ma si de-valoratermalizzano (rimanendo SPENTI).
Di fondo, l'emergenza rifiuti si condensa in due concetti: collusione e paura. Agendo su questi, il problema si risolve, ma senza le ruspe e i compattatori, e soprattutto senza la demagogia, ma con la trasparenza e la giustizia.
Carosello aveva ragione: "Ma che c'ho scritto Jo Condor????"

mercoledì 4 maggio 2011

Italia ribelle, ovvero "rivoluzione è resistenza"

Quest'anno ho partecipato al concerto del primo maggio a Viterbo. Oltre ogni aspettativa, mi è molto piaciuto: gruppi reggae emergenti e grandi classici (per me sconosciuti) del panorama musicale-alternativo della Provinicia si sono esibiti sul palco nello splendido scenario di Valle Faul. Una bella festa in cui si è celebrato il lavoro, oggetto nobilitante l'uomo e suo grande desiderio, per molti disatteso. Gli artisti, oltre a prodigarsi nelle proprie performance, hanno approfittato di questo spazio e del contesto per lanciare messaggi importanti, per ringraziare i sindacati e sancirne il valore imprescindibile in una società marcio-capitalista, per ribadire il diritto al lavoro e la sua legittimazione nella nostra amata Costituzione, per incitare alla speranza e alla rivolta delle menti.
Non voglio commentare questo, il rischio di scadere nella banalità è alto - tra l'altro non condivido molte delle cose dette. Però vorrei citare, in particolare, Maria Laura Ronzoni, una giovane cantautrice che ritorna sul panorama italiano dopo nove anni di verde Irlanda e che, visibilmente infastidita che la sua esibizione si sovrapponesse ai fuochi d'artificio :) , ha detto questo in merito al suo ritorno in Italia:
"rivoluzione è resistenza".
Stupendo. In una frase ha espresso alla perfezione quello che anche io penso profondamente.
Il Paese è allo stremo, siamo governati da una classe dirigente indegna, il nostro passato rifugge il presente e lo rinnega, all'estero ci conoscono per pizza, mafia e spaghetti (e per il bunga bunga), per grado di civiltà siamo prossimi al buco del culo del mondo. Le giovani e brillanti menti sono all'esasperazione e scappano, trovano rifugio in un esilio intellettuale e professionale all'estero, che per sensibilità ed opportunità li accoglie a braccia aperte.
Non sono nessuno per giudicare queste persone, sono fortunato perchè un lavoro ce l'ho, e tendenzialmente mi piace. Però amo il mio paese, e vorrei che chiunque ne avesse le capacità, si stringesse a coorte e combattesse, col cervello e l'impegno, contro un sistema che prima di tutto distrugge la propria magnificenza e tutto ciò che lo ha reso grande.
Resistenza attiva, passione e ferma volontà di cambiare le cose, partendo da quelle piccole, quelle che sono alla portata di tutti, cambiando attitudine di base (che si riflette poi su tutto il resto), invertendo la rotta sulla scala dei valori che ci guidano, e che propendono sempre più verso l'individualismo e l'assenza di etica.
Sulla rivista E di questo mese, un bellissimo articolo mostra, quartiere per quartiere, i luoghi di Parigi che hanno ospitato i grandi rivoluzionari del mondo, quelli che la storia l'hanno cambiata e che, pur da lontano, hanno faticato e sofferto per cambiare le sorti del propio paese e dei propri connazionali.
Il titolo dell'articolo è "Parigi ribelle" (l'articolo prende spunto da un libro che di sicuro leggerò). I tempi sono cambiati, grazie a Dio, e soprattutto "fortunato il paese che non ha bisogno di eroi", ma declinando l'esempio dei grandi della storia, forse qualcosa da fare ancora ci sta. Ed è responsabilità di ciascuno di noi farlo, soprattutto di chi più può, per il bene di tutti.
Italia ribelle più che un titolo è un buon auspicio.

martedì 3 maggio 2011

Il re è morto! Viva il re!

2 maggio 2011, Ground Zero è un tripudio di luci e di suoni, Time Square è piena di gente come fosse il primo giorno dell'anno nuovo. Per gli americani questa data rappresenta la fine di un'era, l'era del terrore: Bin Laden è morto, e con esso il brutto ricordo dell'11 settembre.
Vendetta è fatta, perchè di questo si tratta. Non è la fine di un'era, ma è l'inizio di un'altra, equivalente, violenta, intimidatoria. In Italia conosciamo bene il concetto di cupola, rimosso il vertice ce n'è subito uno pronto a sostituirlo, con velleità di manager di grande industria, i mille picciotti aspirano alla carica di boss, così come le centinaia di migliaia di mujaheddin aspirano alla carica di leader supremo di Al Qaeda.
La guerra non finisce con la morte del cattivo, la guerra finisce quando i cattivi saranno riconosciuti come tali, e il popolo affamato non avrà più bisogno di combattenti per la libertà e non sarà più vittima di demagogia spicciola.
Le guerre contro il terrorismo si vincono ponendo le condizioni affinchè il terreno non sia più fertile, si vincono con investimenti mirati al miglioramento delle condizioni di vita, con il miglioramento del grado di istruzione, con la sconfitta della fame, con l'autodeterminazione politica ed economica, con la fine dell'imperialismo.
Un rapporto ormai datato (Fonte La Repubblica 26 luglio 2010) parla di un costo vivo, appannaggio dei soli USA, di 1.021 miliardi di dollari. Con una tale cifra si potrebbe irrigare il deserto, costruire strade e scuole, ospedali ed acquedotti, fognature...con una cifra del genere si potrebbero costruire il rispetto e la dignità.
Le logiche non prevedono, naturalmente, strategie mirate alla soluzione del problema, perchè il problema  è la fonte del guadagno, non di tutti, ma di molti. Gli americani hanno prima armato i talebani, per contrastare l'avanzata dell'Unione Sovietica, li hanno poi combattuti, per contrastare l'avanzata dell'Islam integralista, cosa faranno domani?
Il narcobusinness dell'oppio, dapprima fortemente combattuto dal mullah Omar, all'avvento dell'operazione Enduring freedom riprese vigore e spinta grazie alla connivenza delle polizie di frontiera, addestrate e coordinate dai servizi segreti alleati. Il prezzo del petrolio tornò a salire, così come l'inflazione mondiale, il mondo fu contento di pagare le spese della lotta per la libertà...Lo stesso mondo che il 2 maggio ha gioito per la morte del demonio, e il giorno dopo ha duplicato le misure di sicurezza contro il rischio attentati.
Ma non era finita?

lunedì 2 maggio 2011

Strani sogni...

Sono un po' di notti che faccio sogni strani...non mangio pesante, non bevo, non faccio uso di droghe..ma faccio certi viaggioni degni di una peperonata al sugo di drago. L'effetto è che mi sveglio agitato, di solito alle 3.30 (puntuale come una dichiarazione dei redditi) e fatico a riaddormentarmi fino al suono della sveglia (6.15 - altrettanto puntuale).
Ne ho fatti due in particolare che mi hanno colpito, in breve:
1) sono in un campo di erba secca, visibilmente affaticato, con una pala in mano. Un uomo armato di pistola davanti a me mi dice, con aria tranquilla, come su tutto fosse normale: "Adesso scava". E io altrettanto tranquillo: "Dove qui? Va bene?". E lui: "si, si..scavati la fossa, falla giusta giusta". Io comincio a scavare e mi sale l'ansia, a metà tra il cosciente e l'incosciente sento che qualcosa non va. Arrivo al punto in cui so che sta per sparare, perchè la buca è finita e gli dico:"Non spararmi davanti, ho troppa paura, sparami dietro!" (molto coraggiosamente direi). E quello, senza attendere troppo, mi dice ok, io mi giro e lui spara. Cazzo! Un dolore fortissimo alla schiena, ultimo pensiero prima di svegliarmi davvero: "Ecco cosa si prova quando te sparano...". Mamma mia che paura, mi sono svegliato come se mi avessero sparato davvero! Mi faceva male la schiena...e il cuore batteva a 3000!
2) in quest'altro, sono alla guida dentro Roma. La mia ragazza è dietro di me, con un'altra macchina. Le dico di seguirmi e che ci saremmo rivisti a casa. Imbocco via Nazionale contro mano (cazzarola ogni dettaglio è nitidissimo...) e un vigile mi ferma e molto cortesemente (???Un pizzardone di Roma cortese???) mi dice di invertire la marcia perchè "Sta andando contromano signore :)". Io giro e procedo, mi guardo indietro, l'altra macchina non c'è più. Chiamo e mi dice: "scusa, in realtà ho parcheggiato a San Paolo, ho preso la metro e sono sul treno, ci vediamo a Porta Romana" (Porta Romana?????). Ok! Direzione Viterbo, mentre guido la macchina cambia forma, diventa una bicicletta...e la Cassia diventa una strada in salita, sempre più ripida. La terra sostituisce l'asfalto, faccio una gran fatica perchè si va sempre più a fondo, sempre più a fondo, sempre più a fondo...ora sono a piedi, mi arrampico, arranco, sbuffo. Accanto a me un bambino che fatica come me, ci incoraggiamo a vicenda. La terra si trasforma in enormi palloni (o zucche gigantesche), attraverso le quali cerco di arrivare al mio obiettivo: una sorta di tubo in vertroresina (tipo un tino, ma girato in orizzontale), da cui partono le zucche! Ci arrivo, mi infilo dentro e guardo giù, ci saranno 200 metri di strapiombo. Ah...tiro il fiato e penso: "Ora mi tiene, ma quando arriva anche il bambino, ci staremo tutti e due? Ci terrà?". Lì mi sono svegliato...stessa ansia.
Ora mi chiedo..."Ma sei sicuro che era solo Tabacco"????

venerdì 29 aprile 2011

ANGOLO LIBRI - Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio

Questo è l'ultimo che ho finito pochi giorni fa, una lettura breve ma molto piacevole, una storia che intriga e colpisce, fa riflettere e insegna.
Tutto gira attorno a Piazza Vittorio che, per i non romani, rappresenta un centro multietnico in cui si incontrano molte delle culture che, da tempo, si fondono nella capitale. Uomini e donne di ogni parte del mondo, non un luogo di privilegiati, ma un centro di raccolta di chi cerca amicizia e compagnia da chi vive situazioni simili e capisce. Il libro racconta la storia di Amhed (o Amedeo), un uomo dall'identità e dalla provenienza non ben definite, che parla della città come chi c'è nato, ma che racconta le storie di diversità con l'apertura e la sensibilità proprie solo di chi è diverso. E' una bella storia di amicizia, di rispetto, tolleranza e attenzione verso il prossimo.
Un giallo in realtà, che parla, attraverso punti di vista permeati dalla realtà culturale di chi li espone, di uno strano omicidio avvenuto dentro ad un ascensore dei tanti palazzoni anonimi che incorniciano la piazza. Amedeo è il principale accusato, perchè sparisce misteriosamente subito dopo il fattaccio.
La narrazione alternata tra dialogo e diario espone di fatto lo sconcerto di fronte alla sua presunzione di colpevolezza. Gli "autoctoni" ritengono impossibile che un uomo così colto e distinto possa aver commesso un reato così feroce, "sarà stato qualcuno dei suoi amici immigrati" è la frase che maggiormente viene addotta a difesa. "E' un uomo così buono e gentile" quella maggiormente sostenuta dai personaggi immigrati. Naturalmente il tutto si risolve con un colpo di scena, ma che non racconterò per non togliervi la sorpresa.
Quello che colpisce è la modalità con cui l'autore (Amara Lakhous) caratterizza ciascun personaggio con i tratti che standardizzano, fino all'estremo, la tipicità della propria provenienza. Si va dal professore milanese leghista e razzista, al barista romanista anti-laziale, dalla colf peruviana che sconfigge la nostalgia con cibo e telenovelas, all’aspirante cuoco iraniano che odia la pizza e la pasta, dall’amante dei cani sconvolta per la scomparsa dell’amato Valentino, all’artista olandese amante del cinema italiano con velleità di realizzare un film sul condominio di piazza Vittorio, e sui suoi scontri di civilità per un ascensore.
Amedeo - Ahmed è il collante di una storia che punta ad incrinare il preconcetto (e il timore della diversità) e a mostrarne la vacuità, un crescendo ritmato di punti di vista e verità interpretate. Un bel messaggio sociale. Da leggere.

Amara Lakhous è nato ad Algeri nel 1970 e vive a Roma dal 1995. Dopo la fuga dal suo paese, si è stabilito a Roma, dove vive e lavora. Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Algeri e in Antropologia Culturale presso l’Università La Sapienza di Roma. Nel nostro paese ha pubblicato il suo primo ‘Le cimici e il pirata’ (Arlem, 1999, in arabo con traduzione in italiano), e in Algeria il secondo: ambientato a Roma, ‘Come farsi allattare dalla lupa senza essere morso’, è stato riscritto da lui in italiano con il titolo ‘Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio’.

Le belle tradizioni dimenticate

In clamoroso ritardo...rientro turbolento al lavoro, normale amministrazione. Questo post è una variazione al tema, ma mi ricorda che anche io, quando non sono su un treno, vivo un sacco di cose che mi piace raccontare e fissare a futura memoria.
Finalmente dopo tanti anni (non ricordo neanche più quanti!), la mia famiglia è riuscita a fare una cosa che ci piaceva davvero un sacco. La mattina di Pasqua ci siamo riuniti tutti da "Nonna", in campagna, e abbiamo dato il via all'evento "Colazione di Pasqua" - il brunch tanto da fighetti lo hanno inventato le nostre nonne in realtà! La tavola profumava di un sacco di cose diverse, dalla pizza dolce agli affettati, dalle uova sode ai dolci alla marmellata, vini dolci e caffè, ma il profumo più buono lo dava il fatto di essere di nuovo tutti lì, riuniti come una volta, nel rispetto di una tradizione con cui sono cresciuto e che banalmente era stata trascurata.
Insomma...è stato proprio bello vedere mio nonno entusiasta che fossimo li quella mattina. E' stato lui a promovuore la cosa e a spingere affinchè si facesse, con tutti i crismi del caso. A me ha fatto una grande piacere rivivere questo momento..peccato non aver fatto neanche una foto. All'anno prossimo, speriamo, come quest'anno.

martedì 12 aprile 2011

Domani torno a casa...


Domenica ho partecipato ad una proiezione molto particolare, un docufilm dal titolo rassicurante, che esprime la tenerezza e la felicità legata ad un "rientro", a quei momenti della vita che si passano lontani e che, una volta terminati, riportano alla normalità e alla sicurezza del quotidiano. Il titolo del film che ho visto è "Domani torno a casa". E' la storia di due ragazzi, uno afghano e l'altro sudanese, accomunati dallo stesso destino, quello di passare del tempo lontani da casa. Non sono andati in vacanza però, o ad un soggiorno di studio all'estero, non sono con i propri genitori o amici in qualche posto figo del mondo, ma "del mondo" sono gli ultimi, quelli dimenticati, quelli che hanno avuto la sfiga di nascere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Murtaza e Yagoub sono poco più che bambini, la guerra ad uno ha tolto la possibilità di guarire da una grave malattia cardiaca, all'altro una mano, giocando con l'unico giocattolo che ha potuto trovare: una mina. Non è fiction, è la realtà che fa male vedere, e per questo la si fa vedere poco, soprattutto a quelli che hanno avuto il culo di nascere nel mondo in cui non si muore perchè non puoi curarti o perchè puoi essere bambino senza rischiare la vita.
Il mondo è uno, ma queste situazioni sembrano così lontane da noi, ci toccano solo marginalmente nei tg o quando qualcuno ce le sbatte in faccia, ma questo non significa che non si possa fare qualcosa per i tanti Murtaza e per i tanti Yagoub. Vedere e riflettere su quanto si è visto è già tantissimo, essere consapevoli della nostra fortuna lo è altrettanto, impegnarsi affinchè non accada più è difficile ma non impossibile. Nel film compaiono, con l'umiltà che li contraddistingue nel quotidiano, quelli che ci stanno provando, i veri angeli, medici e infermieri che dedicano la loro vita a migliorare quella degli altri. A loro va la mia stima più profonda e da loro prendo le risposte a tante domande.


Domani torno a casa è un film documentario del 2008 diretto da Paolo Santolini e Fabrizio Lazzaretti, presentato al Festival del cinema di Venezia del 2008. Il film documenta l'attività umanitaria di Emergency in luoghi devastati dalla guerra e dalla povertà come Afghanistan e Sudan, attraverso le storie di due giovani pazienti. Murtaza è un bambino afgano di 7 anni ricoverato presso il centro chirurgico di Kabul dopo essere stato ferito da una mina antiuomo. Yagoub è un ragazzo sudanese di 15 anni ricoverato al centro cardiologico di Khartoum. Nel documentario si parlano varie lingue: italiano, inglese, arabo, dari e lingue locali, ed è fruibile grazie ai sottotitoli. È stato acquistato dalla BBC ed è visibile in proiezioni organizzate da Emergency.

venerdì 25 marzo 2011

Si vis pacem, para bellum...ma sarà davvero così?

Leggo gli editoriali del Corriere sulla situazione in Libia. Si parla di guerra giusta, si parla di guerra inevitabile, insomma si parla di guerra. L'atteggiamento del giornale sembra voler trovare una giustificazione, che non sia solo economica, ad un intervento armato, a difesa della popolazione libica dalla pazzia di un dittatore. Se fosse davvero questa la motivazione, probabilmente non ci sarebbe neanche il problema di chi comanda le operazioni, di come queste siano condotte, di quale sia la percentuale di impegno di ciascuno stato. Se dietro non ci fosse il petrolio e il controllo dei gasdotti, probabilmente non ci sarebbe neanche la definizione di "volenterosi".
Probabilmente.
Parto dal presupposto che non esistano guerre giuste, che non esistano guerre inevitabili, ma che esistano solo guerre più o meno convenienti.
I ragazzi che partono per la guerra sono tutti uguali, in Europa come in Africa, i cristiani come i musulmani, cambiano solo gli scenari e gli interessi. Ci sono centinaia di paesi del mondo, più o meno noti, in cui un pazzo dispone della vita dei propri sudditi, solo che nessuno se li fila. Non conviene. Se non c'è sbocco su  mercati o risorse strategiche, perchè scomodare gli eserciti?
Anche se mi pongo molti dubbi. Quello che mi fa più riflettere riguarda direttamente il mio paese. Se gli alleati non fossero intervenuti contro Hitler durante la seconda guerra mondiale, se non ci fosse stata una guerra di liberazione dai nazisti, forse oggi saremmo una colonia della Germania imperiale, se i coraggiosi non fossero morti oggi non ci sarebbe libertà. Il piano Marshall è stata una ricompensa accettabile a fronte del danno collaterale (migliaia e migliaia di morti)? La storia non si cambia, si può solo imparare da essa e attualizzarla. Dalle azioni si traggono conclusioni che diventano patrimonio di tutti, diventano la base sulla quale agire in futuro, almeno io la vedo così.
Quindi quale è la differenza tra gli alleati e i volenterosi, quale è la differenza tra Hitler e Gheddafi? Quale è la differenza tra le vittime di allora e quelle di oggi? La diplomazia non avrebbe potuto far nulla per evitare i bombardamenti, o forse si voleva piantare la propria bandierina in questa favolosa corsa all'oro (nero)?
C'è sempre un'alternativa, c'è sempre una soluzione. Basta volerla e cercarla, con coerenza e coraggio.

mercoledì 16 marzo 2011

Walking in the rain..e un po' di story telling

Oggi piove, fa anche discretamente freddo. Uffa...questa primavera tarda ad arrivare ed alzarsi la mattina, rinunciando al calduccio delle coperte e al profumo rassicurante della propria camera è veramente dura. Doccia rapida e sguardo fuori dalla finestra per capire come vestirsi: "metto l'impermeabile..il vestito più pesante, più leggero.." e poi pensare: "in fondo domani non si lavora, metaforicamente è venerdì...quindi jeans, giubbotto e scarpe calde".Ottimo! Il vagone sonnecchia diffusamente, credo che molti altri come me sentano l'oppressione del grigiore del cielo, nessuno ha molta voglia di chicchierare. Cuffie nelle orecchie e "I soliti idioti" su youtube del palmare, rido da solo come un matto (più pensando a quanto i soliti siano realmente idioti che alle scene e alle battute del video), la gente intorno mi guarda circospetta. Nelle folle che si ammassano sui mezzi pubblici, il confine tra chi sia realmente pazzo e chi solo si prende poco sul serio è molto debole. Anche quando qualcuno parla, apparentemente da solo, il pensiero va subito al fatto che sia un folle, nessuno si pone più anche solo il dubbio che stia testando un nuovo modernissimo auricolare integrato nella corteccia cerebrale. Siamo decisamente troppo sospettosi!
Nel corridoio che collega il treno alla metro, si incontrano centinaia di strani soggetti, il rastone col cane, la zingarella che si appresta a raggiungere il suo luogo di lavoro e intanto ripassa "Scuuuuuuusate signoooooooori signooooooriniiiiiiiiiiii, sono una ragaaaaaaaazza poveraaaaaaaaaa, con 37 fratelliiiiiiiii.." e intanto pistola sull'i-phone cercando un buon giapponese per pranzo, decine di businness man (woman) di corsissima pronti anche oggi ad affossare l'economia del terzo mondo a proprio beneficio. Insomma, tante storie diverse.
Stamattina mi si prende così, a pensare alle storie delle facce che incontro. Ad immaginare cosa si nasconde dietro agli occhi degli sconosciuti, a quanti si immergono nell'anonimato dei flussi numerosi, a quanti corrono verso qualcosa di bello, a quanti corrono via da qualcosa di brutto, a quanti se ne fregano di tutte ste paranoie e camminano e basta, a quanti ci pensano come me e camminano e basta. Una signora dalla faccia simpatica inciampa in una piega rialzata del pavimento, mi scappa un sorriso..poi mi pento, se fosse caduta sarebbe stata acciaccata. O forse no, spero.