Per Aristotele, il termine "politica" significava l'amministrazione della "polis" (la città, la comunità) per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.
Faccio mia, con umiltà, questa definizione e la pongo a base della decisione, a tratti anche difficile per tutte le ripercussioni che giorno dopo giorno si stanno affacciando, di schierarmi per la prima volta dalla parte della politica fatta, e non più da quella della politica ascoltata e criticata, a volte solo commentata.
A trent’anni, ho ritenuto giusto un impegno diretto (di prima linea o di retrovia a me poco importa) per cercare di portare una ventata di nuovo in un modello ancorato a logiche di scarsa evoluzione, più incentrate sull’autoconservazione e sul mantenimento di uno status quo, più conveniente.
Attenzione, non un modello universalmente sbagliato, differente dal mio ideale.
Al di là delle difficoltà reali, di una situazione locale difficile, piena di insidie e sicuramente molto articolata, credo in primo luogo che una buona competizione elettorale sia fatta di avversari, e mai di nemici. Il dialogo tra maggioranza e opposizione non è necessariamente uno scontro volgare, in cui l’uno getta discredito sull’altro, in cui tutto ciò che fa la maggioranza è criminale o tutto ciò che fa l’opposizione è diniego, immotivato, sempre e comunque. Il dialogo tra le due ali del consiglio comunale è, in primo luogo, per il bene dei cittadini, costruttivo. Dai banchi della maggioranza arrivano le linee di governo e attuative, da quelli dell’opposizione, un’azione puntuale di verifica e controllo, nonché propositiva, laddove si ritenga incompleto o perfettibile il ruolo del governante.
Sarebbe bello se fosse così! Se si potesse partecipare al dialogo “con l’altra sponda” senza correre il rischio di subire ripercussioni, se si potesse “fare politica” con la consapevolezza di agire per il bene comune (e di vedere riconosciuto come tale questo atteggiamento), se si potesse “fare politica” continuando a svolgere il proprio ruolo, attivo, nella vita sociale della propria comunità senza la paura di sentirsi alle spalle “vedi…quello fa volontariato perché è in politica…” .
Per me, sarebbe normale, oltre che bello, tutto questo.
Sarebbe bello, anche in campagna elettorale, sentire persone parlare alle persone, e non schieramenti parlare a voti.
Sarebbe bello che, chi condivide gli stessi ideali, facesse proprio un progetto comune, non strategie, non alleanze, non accordi, ma un progetto comune che esalti punti di forza e anche, perché no, criticità (quelle ci sono e ci saranno sempre, solo per il demagogo è tutto bello e facile).
Sarebbe bello che, anche tra chi condivide gli stessi ideali, non si cerchi di mettersi in evidenza a scapito del vicino, solo perché affronta il problema in un modo diverso, ma si vincano le sfide assieme.
Certo...sarebbe bello, ma forse non sarebbe conveniente..paradosso aristotelico.
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