martedì 14 giugno 2011

Servono idee!Si ma come?

Il concetto è molto semplice: restituire alla base elettorale la possibilità effettiva di consigliare ed influenzare il programma di Governo, dando supporto alla decisione ai nostri rappresentanti in Parlamento.
Detta così suona effettivamente molto facile, ma come si può fare?
Prendendo spunto dal link consigliato dal mio collega ed amico Davide e dagli insegnamenti social di Maria Silvia, provo a descrivere brevemente un mezzo per poter mettere in pratica, anche in Italia, quello di cui qualunque stato democratico dovrebbe dotarsi.
Lo strumento non è altro che una piattaforma strutturata, accessibile via web, per proporre linee di azione e riforme, una banca delle idee, in cui ciascun cittadino propone quella che secondo lui è una iniziativa utile a migliorare le cose.
Per dare ordine al processo, potrebbe essere comodo utilizzare il modello dei sei cappelli per pensare (Edward De Bono), in cui ciascuna fase identifica delle peculiarità, dei punti di ingresso e di uscita verso la fase successiva, ovvero:
  1. Le idee della folla sono inizialmente raccolte tutte nel contenitore, senza giudizio da parte della comunità. Ne verrà fuori un mero elenco, con tante voci, in cui nessuna prevale sull'altra, ma tutte hanno pari dignità e possibilità di proseguire (cappello bianco).
  2. Queste voci sono ora sottoposte al giudizio della collettività che, sulla base della convenienza emotiva, darà peso all'una piuttosto che all'altra. Il giudizio determinerà un gradimento, quindi democraticamente passeranno alla fase successiva solo le idee (azioni, riforme, leggi, tagli, investimenti..) che riceveranno la maggioranza - niente più lobby o interessi locali, ma solo massimo beneficio per quanti più possibile (cappello rosso).
  3. La selezione che ne deriva è sottoposta al giudizio di fattibilità, mirato a far venire fuori gli aspetti critici dell'iniziativa e le possibilità che questa non possa essere messa in pratica (cappello nero).
  4. La stessa selezione viene ora analizzata positivamente, ovvero vengono esaltati tutti i punti di forza (cappello giallo).
  5. Solo le idee fattibili e particolarmente interessanti passano a questa fase, quella realmente costruttiva. Le migliori proposte vengono strutturate e dettagliate - sempre socialmente, attraverso il contributo della comunità - e assumono la dignità di un progetto da proporre all'attenzione dei politici. Creatività, preparazione ed innovazione trovano la loro massima espressione (cappello verde).
  6. La fase finale è quella della realizzazione, si pianificano ed organizzano le attività. A questo punto, chi è chiamato a farlo, indossa il cappello blu e conduce le danze,  ma qui la community alza le mani e non può far altro che monitorare la corretta esecuzione delle proprie proposte.
Insomma, la piattaforma che ho in mente è una declinazione politica del crowdsourcing, che letteralmente significa "proveniente dalla folla", una tecnica abitualmente usata nella progettazione del web centrato sull'utente.
Dal parer mio, anche la politica dovrebbe essere centrata sull'utente, ma visto che l'accesso a Montecitorio o Palazzo Madama non è così semplice, magari si può cominciare col far sentire che ci siamo ancora e che abbiamo ancora molto da dire. Il web è stato uno strumento fondamentale per lo scoppio della Primavera Araba, la rivolta è stata organizzata sui social network e grazie al tam tam di blogger indipendenti.
La nostra non deve essere una rivolta violenta (naturalmente) ma culturale, per riprenderci il Paese bisogna rappresentare costruttivamente l'alternativa e non criticare distruttivamente lo status quo.
Magari c'è già qualcosa di simile, ma io non la conosco.
Chi ha voglia, indossi vari cappelli e mi dica la sua. Beh...che si fa?

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