mercoledì 4 maggio 2011

Italia ribelle, ovvero "rivoluzione è resistenza"

Quest'anno ho partecipato al concerto del primo maggio a Viterbo. Oltre ogni aspettativa, mi è molto piaciuto: gruppi reggae emergenti e grandi classici (per me sconosciuti) del panorama musicale-alternativo della Provinicia si sono esibiti sul palco nello splendido scenario di Valle Faul. Una bella festa in cui si è celebrato il lavoro, oggetto nobilitante l'uomo e suo grande desiderio, per molti disatteso. Gli artisti, oltre a prodigarsi nelle proprie performance, hanno approfittato di questo spazio e del contesto per lanciare messaggi importanti, per ringraziare i sindacati e sancirne il valore imprescindibile in una società marcio-capitalista, per ribadire il diritto al lavoro e la sua legittimazione nella nostra amata Costituzione, per incitare alla speranza e alla rivolta delle menti.
Non voglio commentare questo, il rischio di scadere nella banalità è alto - tra l'altro non condivido molte delle cose dette. Però vorrei citare, in particolare, Maria Laura Ronzoni, una giovane cantautrice che ritorna sul panorama italiano dopo nove anni di verde Irlanda e che, visibilmente infastidita che la sua esibizione si sovrapponesse ai fuochi d'artificio :) , ha detto questo in merito al suo ritorno in Italia:
"rivoluzione è resistenza".
Stupendo. In una frase ha espresso alla perfezione quello che anche io penso profondamente.
Il Paese è allo stremo, siamo governati da una classe dirigente indegna, il nostro passato rifugge il presente e lo rinnega, all'estero ci conoscono per pizza, mafia e spaghetti (e per il bunga bunga), per grado di civiltà siamo prossimi al buco del culo del mondo. Le giovani e brillanti menti sono all'esasperazione e scappano, trovano rifugio in un esilio intellettuale e professionale all'estero, che per sensibilità ed opportunità li accoglie a braccia aperte.
Non sono nessuno per giudicare queste persone, sono fortunato perchè un lavoro ce l'ho, e tendenzialmente mi piace. Però amo il mio paese, e vorrei che chiunque ne avesse le capacità, si stringesse a coorte e combattesse, col cervello e l'impegno, contro un sistema che prima di tutto distrugge la propria magnificenza e tutto ciò che lo ha reso grande.
Resistenza attiva, passione e ferma volontà di cambiare le cose, partendo da quelle piccole, quelle che sono alla portata di tutti, cambiando attitudine di base (che si riflette poi su tutto il resto), invertendo la rotta sulla scala dei valori che ci guidano, e che propendono sempre più verso l'individualismo e l'assenza di etica.
Sulla rivista E di questo mese, un bellissimo articolo mostra, quartiere per quartiere, i luoghi di Parigi che hanno ospitato i grandi rivoluzionari del mondo, quelli che la storia l'hanno cambiata e che, pur da lontano, hanno faticato e sofferto per cambiare le sorti del propio paese e dei propri connazionali.
Il titolo dell'articolo è "Parigi ribelle" (l'articolo prende spunto da un libro che di sicuro leggerò). I tempi sono cambiati, grazie a Dio, e soprattutto "fortunato il paese che non ha bisogno di eroi", ma declinando l'esempio dei grandi della storia, forse qualcosa da fare ancora ci sta. Ed è responsabilità di ciascuno di noi farlo, soprattutto di chi più può, per il bene di tutti.
Italia ribelle più che un titolo è un buon auspicio.

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