Una opinione diffusa, una certezza dirompente, uno stato d'animo ineluttabile.
Condizioni che vincolano drasticamente la considerazione della cosa pubblica da parte dei cittadini, dell'uomo della strada. La convinzione che il proprio punto di vista non sia importante e che le proprie proposte di miglioramente siano, a prioristicamente, relegate nel fondo dei cestini dei Palazzi influenzano molto la partecipazione attiva di chi invece le cose vorrebbe cambiarle, di chi sente ancora vivo il senso di appartenenza alla propria comunità e vorrebbe, con impegno e dedizione, parteciparvi (nel senso etimologico dell'esserne parte integrante).
Salendo di importanza nella gerarchia delle istituzioni, da quelle comunali, provinciali, regionali a quelle nazionali, il distacco e l'a-politica aumentano, rendendo ancora più profondo questo baratro e garantendo agli abitanti di questi palazzi il pieno controllo di tutto, soprattutto dei nostri destini.
Un'alternativa, però, è forse proponibile.
Da tempo, molti comuni italiani sono impegnati in una sfida, complessa ma stimolante. Questi visionari hanno fatto proprio il concetto di "inclusione", di "co-progettazione", di "democrazia partecipata" e hanno dato vita ad un esperimento: la pianificazione strategica partecipata.
Il Piano Strategico partecipato è un atto volontario di pianificazione e condivisione di una interpretazione futura del territorio, mediante politiche e interventi pubblici e privati. E’ un’occasione per costruire un futuro partecipato; dopo essere stato concertato, viene infatti firmato congiuntamente da tutti gli attori principali che lo condividono.
Le idee, le opinioni, le competenze di tutti i soggetti della vita sociale, culturale, economica, scientifica e politica della città, messe in comune, si trasformano in scelte condivise per un progetto concreto di sviluppo del territorio.
Di questo vorremmo parlare insieme, a Montalto di Castro, il 26 novembre, coinvolgendo per primi gli attori del Terzo Settore, le organizzaioni no profit, gli enti di promozione sociale e culturale, uomini e donne che vedono nella cooperazione e nella sussidiarietà la risposta ad un bisogno sociale.
Con loro vogliamo parlare dei Piani sociali di zona, di cosa siano, di come sia possibile redigerli in un'ottica partecipata, di come questo atteggiamento rappresenti un'ottima opportunità di ridurre i costi dell'intervento, di renderlo più mirato, più efficace, più in linea con i bisogni e con le necessità della popolazione.
Con loro vogliamo iniziare un cammino, una riforma profonda nel modo di pensare il nostro paese.
Un modo diverso di concepire l'amministrazione locale è possibile, esiste ed è consolidato; invertire i processi decisionali, renderli realmente democratici lo è altrettanto.
Il terzo settore è il primo di una lunga serie di aree su cui declinare questo nuovo "modello di pensiero": il lavoro, la promozione turistica, la trasparenza amministrativa, l'urbanistica, l'artigianato, l'agricoltura sono solo alcuni dei settori che dalla partecipazione popolare traggono le loro migliori idee.
Proviamoci insieme!
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