venerdì 29 aprile 2011
ANGOLO LIBRI - Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio
Tutto gira attorno a Piazza Vittorio che, per i non romani, rappresenta un centro multietnico in cui si incontrano molte delle culture che, da tempo, si fondono nella capitale. Uomini e donne di ogni parte del mondo, non un luogo di privilegiati, ma un centro di raccolta di chi cerca amicizia e compagnia da chi vive situazioni simili e capisce. Il libro racconta la storia di Amhed (o Amedeo), un uomo dall'identità e dalla provenienza non ben definite, che parla della città come chi c'è nato, ma che racconta le storie di diversità con l'apertura e la sensibilità proprie solo di chi è diverso. E' una bella storia di amicizia, di rispetto, tolleranza e attenzione verso il prossimo.
Un giallo in realtà, che parla, attraverso punti di vista permeati dalla realtà culturale di chi li espone, di uno strano omicidio avvenuto dentro ad un ascensore dei tanti palazzoni anonimi che incorniciano la piazza. Amedeo è il principale accusato, perchè sparisce misteriosamente subito dopo il fattaccio.
La narrazione alternata tra dialogo e diario espone di fatto lo sconcerto di fronte alla sua presunzione di colpevolezza. Gli "autoctoni" ritengono impossibile che un uomo così colto e distinto possa aver commesso un reato così feroce, "sarà stato qualcuno dei suoi amici immigrati" è la frase che maggiormente viene addotta a difesa. "E' un uomo così buono e gentile" quella maggiormente sostenuta dai personaggi immigrati. Naturalmente il tutto si risolve con un colpo di scena, ma che non racconterò per non togliervi la sorpresa.
Quello che colpisce è la modalità con cui l'autore (Amara Lakhous) caratterizza ciascun personaggio con i tratti che standardizzano, fino all'estremo, la tipicità della propria provenienza. Si va dal professore milanese leghista e razzista, al barista romanista anti-laziale, dalla colf peruviana che sconfigge la nostalgia con cibo e telenovelas, all’aspirante cuoco iraniano che odia la pizza e la pasta, dall’amante dei cani sconvolta per la scomparsa dell’amato Valentino, all’artista olandese amante del cinema italiano con velleità di realizzare un film sul condominio di piazza Vittorio, e sui suoi scontri di civilità per un ascensore.
Amedeo - Ahmed è il collante di una storia che punta ad incrinare il preconcetto (e il timore della diversità) e a mostrarne la vacuità, un crescendo ritmato di punti di vista e verità interpretate. Un bel messaggio sociale. Da leggere.
Amara Lakhous è nato ad Algeri nel 1970 e vive a Roma dal 1995. Dopo la fuga dal suo paese, si è stabilito a Roma, dove vive e lavora. Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Algeri e in Antropologia Culturale presso l’Università La Sapienza di Roma. Nel nostro paese ha pubblicato il suo primo ‘Le cimici e il pirata’ (Arlem, 1999, in arabo con traduzione in italiano), e in Algeria il secondo: ambientato a Roma, ‘Come farsi allattare dalla lupa senza essere morso’, è stato riscritto da lui in italiano con il titolo ‘Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio’.
Le belle tradizioni dimenticate
Finalmente dopo tanti anni (non ricordo neanche più quanti!), la mia famiglia è riuscita a fare una cosa che ci piaceva davvero un sacco. La mattina di Pasqua ci siamo riuniti tutti da "Nonna", in campagna, e abbiamo dato il via all'evento "Colazione di Pasqua" - il brunch tanto da fighetti lo hanno inventato le nostre nonne in realtà! La tavola profumava di un sacco di cose diverse, dalla pizza dolce agli affettati, dalle uova sode ai dolci alla marmellata, vini dolci e caffè, ma il profumo più buono lo dava il fatto di essere di nuovo tutti lì, riuniti come una volta, nel rispetto di una tradizione con cui sono cresciuto e che banalmente era stata trascurata.
Insomma...è stato proprio bello vedere mio nonno entusiasta che fossimo li quella mattina. E' stato lui a promovuore la cosa e a spingere affinchè si facesse, con tutti i crismi del caso. A me ha fatto una grande piacere rivivere questo momento..peccato non aver fatto neanche una foto. All'anno prossimo, speriamo, come quest'anno.
martedì 12 aprile 2011
Domani torno a casa...
Domenica ho partecipato ad una proiezione molto particolare, un docufilm dal titolo rassicurante, che esprime la tenerezza e la felicità legata ad un "rientro", a quei momenti della vita che si passano lontani e che, una volta terminati, riportano alla normalità e alla sicurezza del quotidiano. Il titolo del film che ho visto è "Domani torno a casa". E' la storia di due ragazzi, uno afghano e l'altro sudanese, accomunati dallo stesso destino, quello di passare del tempo lontani da casa. Non sono andati in vacanza però, o ad un soggiorno di studio all'estero, non sono con i propri genitori o amici in qualche posto figo del mondo, ma "del mondo" sono gli ultimi, quelli dimenticati, quelli che hanno avuto la sfiga di nascere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Murtaza e Yagoub sono poco più che bambini, la guerra ad uno ha tolto la possibilità di guarire da una grave malattia cardiaca, all'altro una mano, giocando con l'unico giocattolo che ha potuto trovare: una mina. Non è fiction, è la realtà che fa male vedere, e per questo la si fa vedere poco, soprattutto a quelli che hanno avuto il culo di nascere nel mondo in cui non si muore perchè non puoi curarti o perchè puoi essere bambino senza rischiare la vita.
Il mondo è uno, ma queste situazioni sembrano così lontane da noi, ci toccano solo marginalmente nei tg o quando qualcuno ce le sbatte in faccia, ma questo non significa che non si possa fare qualcosa per i tanti Murtaza e per i tanti Yagoub. Vedere e riflettere su quanto si è visto è già tantissimo, essere consapevoli della nostra fortuna lo è altrettanto, impegnarsi affinchè non accada più è difficile ma non impossibile. Nel film compaiono, con l'umiltà che li contraddistingue nel quotidiano, quelli che ci stanno provando, i veri angeli, medici e infermieri che dedicano la loro vita a migliorare quella degli altri. A loro va la mia stima più profonda e da loro prendo le risposte a tante domande.
Domani torno a casa è un film documentario del 2008 diretto da Paolo Santolini e Fabrizio Lazzaretti, presentato al Festival del cinema di Venezia del 2008. Il film documenta l'attività umanitaria di Emergency in luoghi devastati dalla guerra e dalla povertà come Afghanistan e Sudan, attraverso le storie di due giovani pazienti. Murtaza è un bambino afgano di 7 anni ricoverato presso il centro chirurgico di Kabul dopo essere stato ferito da una mina antiuomo. Yagoub è un ragazzo sudanese di 15 anni ricoverato al centro cardiologico di Khartoum. Nel documentario si parlano varie lingue: italiano, inglese, arabo, dari e lingue locali, ed è fruibile grazie ai sottotitoli. È stato acquistato dalla BBC ed è visibile in proiezioni organizzate da Emergency.