lunedì 6 maggio 2013

Città smart o amministratori illuminati?

Il fenomeno delle smart cities sta esplodendo. Se ne parla sempre di più, anche in contesti differenti, e cominciano a sorgere i primi esperimenti anche in Italia, finanziati da fonti straniere pubbliche/private e da piani operativi nazionali che presuppongono, quindi, una strategia in evoluzione.
Estremamente interessante e molto sfidante.
Ma cos’è realmente? Un città intelligente (smart city) indica, in senso lato, un ambiente urbano in grado di agire attivamente per migliorare la qualità della vita dei propri cittadini. Riesce a conciliare e soddisfare le esigenze dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni, grazie anche all'impiego diffuso e innovativo delle TIC, in particolare nei campi della comunicazione, della mobilità, dell'ambiente e dell'efficienza energetica.
Secondo la definizione di wikipedia quindi, una smart city è fondamentalmente un ambiente attivo, articolato, interconnesso, in cui ciascuna componente contribuisce alla riconfigurazione in real time delle altre, che compongono il sistema.
Parole illuminanti e profonde per chi riesce a coglierne le sfumature meno evidenti. La città diventa un soggetto attivo, le strade, i palazzi che la compongono, i pali della luce, i tombini, i cestini per la raccolta dei rifiuti, tutta una serie di oggetti, apparentemente statici ed isolati, diventano sensori e rete di rilevamento.
Anche l’uomo ne fa parte. Sempre più digitale e connesso, qualunque informazione esso renda pubblica (dati sul traffico, affollamento dei mezzi pubblici, ritardi…) viene messa a fattor comune a beneficio degli altri che, per esempio, vedono riconfigurato in automatico il proprio navigatore satellitare sulla base delle informazioni condivise (traffico, semafori, condizioni stradali…). Ogni oggetto, animato o inanimato, contribuisce a migliorare la vivibilità e la sostenibilità del sistema complessivo.
Entusiasmante no? Dal mio punto di vista assolutamente si, entusiasmante e stimolante, di ampio respiro e fonte di ispirazione e studio. Michele Vianello affronta il tema da un punto di vista spesso trascurato. Nel suo Smart Cities, l’autore è tra i pochi ad esporre una metodologia di Governo dell’innovazione da destinare alle Amministrazioni e alle imprese che dall’innovazione traggono il proprio business. Il vero fulcro della questione, la leva che farà si che il fenomeno da mera accademia diventi realtà: la lungimiranza di chi governa il territorio.
Le amministrazioni pubbliche, di vari ordini e gradi, hanno una responsabilità centrale nel processo di “smartizzazione” delle proprie città. Sono le amministrazioni a dover impostare in chiave strategica il rinnovamento dei servizi, delle politiche del territorio, della collaborazione tra soggetti, sono loro insomma a dover adottare un modello di governance, attuale, rispetto ad un modello di amministrazione, ormai superato e vincolante.
L’"amministratore illuminato” è la chiave di volta per la diffusione delle smart cities, ed un processo di alfabetizzazione digitale, così come descritto dall’autore, è assolutamente fondamentale in questo processo, ancor più della banda larga e dell’automazione dei servizi.
Parlare quindi di smart cities non può quindi prescindere dal parlare di smart city manager, figura sempre più tecnica, specializzata, mentalmente avanzata, e sempre meno politicamente accattivante.
Insomma, un futuro smart presuppone una classe politica smart, senza la quale difficilmente il sogno diventerà realtà.

0 commenti:

Posta un commento