mercoledì 21 marzo 2012

Le comunità di pratica nella pubblica amministrazione: una via verso la citizen satisfaction?

Come spesso accade, prima di introdurre un concetto parto dalla sua definizione formale: "le comunità di pratica e di apprendimento sono gruppi sociali che hanno come obiettivo il generare conoscenza organizzata a cui ogni individuo può avere libero accesso” (wikipedia).
In soldoni, le comunità di pratica (CdP) sono gruppi spontanei di persone che, animate dalla stessa passione e motivate dal reciproco arricchimento delle proprie conoscenze sul tema, superano i rigidi confini dettati dalle strutture, aziendali o funzionali, per collaborare INFORMALMENTE a stretto contatto.
L'informalità rappresenta al tempo stesso il fattore di successo e di fallimento di queste aggregazioni sociali. La forte coesione infatti, che è alla base della condivisione di problemi e interessi, e la totale libertà di espressione, al di fuori degli schemi gerarchici classici, passano in secondo piano se non seguono una pianificazione attenta degli obiettivi e un'adeguata animazione della comunità stessa.
Nell'ambito della Pubblica Amministrazione, il punto di vista del funzionario delegato all'espletamento delle pratiche coincide, salvo rari casi, con le strutture organizzative, quindi con la rigidità che gli ordini di servizio impongono sia all'operatività, che alle responsabilità in capo ai singoli.
Il punto di vista del cittadino, fruitore del servizio, invece, non sposa questa logica così astratta ed esclusivamente funzionale. Il cittadino ha un obiettivo (un'autorizzazione, l'aggiornamento di una pratica, un certificato...), il cui raggiungimento molto spesso prevede vari passaggi, tra vari funzionari, vari uffici e varie formalità.
Secondo la definizione precedente, una comunità di pratica tra funzionari pubblici che ponga come obiettivo la citizen satisfaction (quindi la soddisfazione del cliente, il cittadino), superando le caselle (o incarichi) e mettendo a fattor comune le conoscenze dei singoli in una unica grande conoscenza complessiva, potrebbe implementare in maniera efficace la logica del cittadino. Nonché rappresentare meglio quella che è l'immagine pratica dell'amministrazione a cui ci si deve rivolgere.
In sostanza, il funzionario (facente parte informalmente della CdP) veste il ruolo di tutor del cittadino, guidandolo nella soddisfazione del proprio bisogno, indirizzandolo verso le strutture preposte, attivandosi per agevolare il dialogo, intervenendo con gli altri membi della CdP qualora il flusso si interrompa. Una evoluzione dello Sportello del cittadino che prevede maggior collaborazione e condivisione interna.
Pre requisiti lato P.A.? Disponibilità, flessibilità, responsabilità e dedizione. Il riconoscimento da parte dei vertici di una CdP in tal senso potrebbe fungere da catalizzatore e incentivarne la crescita.

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