venerdì 25 marzo 2011

Si vis pacem, para bellum...ma sarà davvero così?

Leggo gli editoriali del Corriere sulla situazione in Libia. Si parla di guerra giusta, si parla di guerra inevitabile, insomma si parla di guerra. L'atteggiamento del giornale sembra voler trovare una giustificazione, che non sia solo economica, ad un intervento armato, a difesa della popolazione libica dalla pazzia di un dittatore. Se fosse davvero questa la motivazione, probabilmente non ci sarebbe neanche il problema di chi comanda le operazioni, di come queste siano condotte, di quale sia la percentuale di impegno di ciascuno stato. Se dietro non ci fosse il petrolio e il controllo dei gasdotti, probabilmente non ci sarebbe neanche la definizione di "volenterosi".
Probabilmente.
Parto dal presupposto che non esistano guerre giuste, che non esistano guerre inevitabili, ma che esistano solo guerre più o meno convenienti.
I ragazzi che partono per la guerra sono tutti uguali, in Europa come in Africa, i cristiani come i musulmani, cambiano solo gli scenari e gli interessi. Ci sono centinaia di paesi del mondo, più o meno noti, in cui un pazzo dispone della vita dei propri sudditi, solo che nessuno se li fila. Non conviene. Se non c'è sbocco su  mercati o risorse strategiche, perchè scomodare gli eserciti?
Anche se mi pongo molti dubbi. Quello che mi fa più riflettere riguarda direttamente il mio paese. Se gli alleati non fossero intervenuti contro Hitler durante la seconda guerra mondiale, se non ci fosse stata una guerra di liberazione dai nazisti, forse oggi saremmo una colonia della Germania imperiale, se i coraggiosi non fossero morti oggi non ci sarebbe libertà. Il piano Marshall è stata una ricompensa accettabile a fronte del danno collaterale (migliaia e migliaia di morti)? La storia non si cambia, si può solo imparare da essa e attualizzarla. Dalle azioni si traggono conclusioni che diventano patrimonio di tutti, diventano la base sulla quale agire in futuro, almeno io la vedo così.
Quindi quale è la differenza tra gli alleati e i volenterosi, quale è la differenza tra Hitler e Gheddafi? Quale è la differenza tra le vittime di allora e quelle di oggi? La diplomazia non avrebbe potuto far nulla per evitare i bombardamenti, o forse si voleva piantare la propria bandierina in questa favolosa corsa all'oro (nero)?
C'è sempre un'alternativa, c'è sempre una soluzione. Basta volerla e cercarla, con coerenza e coraggio.

mercoledì 16 marzo 2011

Walking in the rain..e un po' di story telling

Oggi piove, fa anche discretamente freddo. Uffa...questa primavera tarda ad arrivare ed alzarsi la mattina, rinunciando al calduccio delle coperte e al profumo rassicurante della propria camera è veramente dura. Doccia rapida e sguardo fuori dalla finestra per capire come vestirsi: "metto l'impermeabile..il vestito più pesante, più leggero.." e poi pensare: "in fondo domani non si lavora, metaforicamente è venerdì...quindi jeans, giubbotto e scarpe calde".Ottimo! Il vagone sonnecchia diffusamente, credo che molti altri come me sentano l'oppressione del grigiore del cielo, nessuno ha molta voglia di chicchierare. Cuffie nelle orecchie e "I soliti idioti" su youtube del palmare, rido da solo come un matto (più pensando a quanto i soliti siano realmente idioti che alle scene e alle battute del video), la gente intorno mi guarda circospetta. Nelle folle che si ammassano sui mezzi pubblici, il confine tra chi sia realmente pazzo e chi solo si prende poco sul serio è molto debole. Anche quando qualcuno parla, apparentemente da solo, il pensiero va subito al fatto che sia un folle, nessuno si pone più anche solo il dubbio che stia testando un nuovo modernissimo auricolare integrato nella corteccia cerebrale. Siamo decisamente troppo sospettosi!
Nel corridoio che collega il treno alla metro, si incontrano centinaia di strani soggetti, il rastone col cane, la zingarella che si appresta a raggiungere il suo luogo di lavoro e intanto ripassa "Scuuuuuuusate signoooooooori signooooooriniiiiiiiiiiii, sono una ragaaaaaaaazza poveraaaaaaaaaa, con 37 fratelliiiiiiiii.." e intanto pistola sull'i-phone cercando un buon giapponese per pranzo, decine di businness man (woman) di corsissima pronti anche oggi ad affossare l'economia del terzo mondo a proprio beneficio. Insomma, tante storie diverse.
Stamattina mi si prende così, a pensare alle storie delle facce che incontro. Ad immaginare cosa si nasconde dietro agli occhi degli sconosciuti, a quanti si immergono nell'anonimato dei flussi numerosi, a quanti corrono verso qualcosa di bello, a quanti corrono via da qualcosa di brutto, a quanti se ne fregano di tutte ste paranoie e camminano e basta, a quanti ci pensano come me e camminano e basta. Una signora dalla faccia simpatica inciampa in una piega rialzata del pavimento, mi scappa un sorriso..poi mi pento, se fosse caduta sarebbe stata acciaccata. O forse no, spero.

mercoledì 9 marzo 2011

Repetita iuvant

Era qualche giorno che per motivi di lavoro ero costretto a viaggiare in macchina...esci tardi la sera...devi arrivare presto la mattina, non mi potevo permettere il "lusso" di essere accompagnato e riportato a casa da un bestione elettrico. Sarà assurdo, ma i gesti quotidiani mi sono mancati. Il caffè al bar della stazione di Montalto, il barista in bandana (ogni giorno un colore diverso abbinato al colore del pizzetto) che alle 6:55 esordisce con un "Buonaaaaaaaseraaaaaaaa" e che ti saluta con il solito "Vai piano" quando stai per uscire, lo sguardo al tabellone degli orari nella speranza che non compaiano ritardi, le solite facce già stanche ed annoiate che accennano "per educazione" un ciao con la testa, ma che se potessero rimarrebbero immobili e in silenzo in attesa che le sinapsi timbrino il cartellino. Arriva il treno, di solito penultima carrozza, salgo le scale perchè i sedili in alto sono più comodi, a volte l'aria dentro è fredda..a volte calda, solitamente l'odore è sempre lo stesso: un forte odore di umanità misto a disinfettanti scadenti. Gesti automatici, la routine varia raramente.
Partenza in orario (è questa la variazione più significativa alla routine), arrivo a tarquinia poco dopo, salgono gli altri del gruppetto. "Che dici?".."Tutto bene?"..(si, da ieri sera a stamattina tutto bene, ho dormito benissimo..a volte si scende e si sale apparentemente senza soluzione di continuità). L' atmosfera è ancora vivibile, fino a ladispoli i muri di persone in piedi non ci sono e riesci a vederti in faccia da un lato all'altro del corridoio. Da Ladispoli in poi, il mondo si riduce all'isolotto a 4 posti "a cui appartieni", ed eventualmente alle persone in piedi che, dall'alto verso il basso, invidiano quotidiamente il solo fatto che tu sia salito prima, e che ti faccia mezz'ora di viaggio in più di loro (grande consolazione!).Ad ostiense si scende, corridoio sotterraneo, metro, corridoio sotterraneo, garage, macchina, via laurentina, ufficio. "Qualcosa da dichiarare?" E' una giornata meravigliosa, c'è un gran sole che ti scalda.
A stasera.

martedì 8 marzo 2011

Buon viaggio...

Ho sempre creduto che la metafora del viaggio, banalmente ma con precisione, sia un azzeccato arteficio filosofico e letterario per rappresentare il percorso di ciascuno di noi, la vita. Si parte pieni di buone intenzioni, con l’entusiasmo e la carica di adrenalina che accompagna la scoperta, con la curiosità del nuovo che si presenta, con un po’ di sana e stimolante incoscienza che lì per lì non ti fa valutare il pericolo o l’insidia, ma che poi si rivela di grande aiuto nell’impresa. Poi il cammino si sviluppa nelle forme e nei modi che il percorso presenta, si svolta a destra, a sinistra, ci si ferma ad un incrocio per leggere e capire dove andare. A volte si sosta per sgranchirsi le gambe o per un rifornimento, poi si riparte, dritti verso la meta: l’arrivo. Possono capitare incidenti durante il viaggio, malauguratamente gravi o più semplicemente sciocchi, ma poi si arriva. Il viaggio, fuor di metafora, è un’azione più semplice di ciò che simbolicamente rappresenta: hai ben chiaro dove andare, e tutto è impostato affinché la destinazione sia raggiunta nel più rapido dei modi possibili, con meno spreco di energie e magari con un bel panorama che ci faccia anche gustare le bellezze del territorio. Muovendomi  tanto e spesso da solo, mi fermo spesso sull’essenza del viaggio e ciò che esso comporta. La vita è il più grande e complesso dei viaggi. Si nasce con un intero percorso da fare, in cui tutte le strade del mondo sono aperte e lì pronte per essere imboccate. Ciascuno di noi fa delle scelte, ci si ferma a riflettere, capitano degli intoppi che ti portano a modificare comportamenti o azioni, ma in fondo non c’è una meta finale tale per cui il viaggio sia finito, o meglio c’è, ma è quella oltre la quale non c’è più nulla se non la fine della vita. In questo intervallo di tempo, più o meno lungo, ad ogni incrocio si sceglie cosa essere domani, a fronte di cosa sei stato fino ad oggi, si sceglie cosa fare, a fronte di cosa si è fatto, insomma si vive giorno dopo giorno come sulla strada si macina chilometro dopo chilometro.
Pippone da 6 del mattino…si, ma in fondo in fondo…anche chi non lo è realmente, è pendolare quotidianamente, quindi: buongiorno a tutti!