Il 5x1000 è una facoltà data al contribuente, all'atto della dichiarazione dei redditi (730, Modello Unico o CUD), per destinare una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a enti non profit inseriti in appositi elenchi. E' possibile destinare il 5 per mille a: Associazioni di volontariato e non lucrative di utilità sociale Associazioni e fondazioni di promozione sociale Enti di ricerca scientifica, universitaria e sanitaria, comuni Associazioni sportive dilettantistiche.
Donarlo è facile! E' sufficiente apporre la firma in uno dei sei riquadri che figurano sui modelli di dichiarazione dei redditi e indicare il soggetto specifico a cui si intende destinare direttamente la quota, inserendo nel campo apposito il codice fiscale.
Donarlo è gratuito! Non è, infatti, un’imposta aggiuntiva, ma la manifestazione di una scelta circa la destinazione ad attività e soggetti specifici di una quota dell’imposta complessivamente dovuta allo Stato.
Anche Eemrgency è tra le organizzazioni nazionali che vede nel 5x1000 una delle sue principali forme di sostentamento. Il contributo derivante dalle dichiarazioni dei redditi dell'anno 2007 (relative ai redditi 2006) è stato ricevuto nel dicembre 2009 e ammontava a € 6.951.105. L'ultimo contributo erogato (dichiarazioni dei redditi dell'anno 2008 relative ai redditi 2007), ammontava a € 9.111.565 ed è stato ricevuto nell'agosto 2010. Il contributo del 5 per mille derivante dalle dichiarazioni dei redditi dell'anno 2009 (relative ai redditi 2008) ammonta a € 8.074.262 ed è stato erogato nel novembre del 2011.
Donarlo è importante! Il totale delle spese di funzionamento per gli ospedali di Emergency nel mondo da maggio 2010 ad aprile 2011è stato pari a 9.121.902,79 €, a fronte di un contributo percepito di € 9.111.565,37.
Per destinare il contributo ad Emergency nel Modello 730 o Unico, si deve firmare nel riquadro "Sostegno del volontariato..." e inserire il codice fiscale di Emergency 971 471 101 55.
Donare il 5x1000 ad Emergency è facile, gratuito ed importante! Aiutateci a non smettere!
giovedì 22 marzo 2012
mercoledì 21 marzo 2012
Le comunità di pratica nella pubblica amministrazione: una via verso la citizen satisfaction?
Come spesso accade, prima di introdurre un concetto parto dalla sua definizione formale: "le comunità di pratica e di apprendimento sono gruppi sociali che hanno come obiettivo il generare conoscenza organizzata a cui ogni individuo può avere libero accesso” (wikipedia).
In soldoni, le comunità di pratica (CdP) sono gruppi spontanei di persone che, animate dalla stessa passione e motivate dal reciproco arricchimento delle proprie conoscenze sul tema, superano i rigidi confini dettati dalle strutture, aziendali o funzionali, per collaborare INFORMALMENTE a stretto contatto.
L'informalità rappresenta al tempo stesso il fattore di successo e di fallimento di queste aggregazioni sociali. La forte coesione infatti, che è alla base della condivisione di problemi e interessi, e la totale libertà di espressione, al di fuori degli schemi gerarchici classici, passano in secondo piano se non seguono una pianificazione attenta degli obiettivi e un'adeguata animazione della comunità stessa.
Nell'ambito della Pubblica Amministrazione, il punto di vista del funzionario delegato all'espletamento delle pratiche coincide, salvo rari casi, con le strutture organizzative, quindi con la rigidità che gli ordini di servizio impongono sia all'operatività, che alle responsabilità in capo ai singoli.
Il punto di vista del cittadino, fruitore del servizio, invece, non sposa questa logica così astratta ed esclusivamente funzionale. Il cittadino ha un obiettivo (un'autorizzazione, l'aggiornamento di una pratica, un certificato...), il cui raggiungimento molto spesso prevede vari passaggi, tra vari funzionari, vari uffici e varie formalità.
Secondo la definizione precedente, una comunità di pratica tra funzionari pubblici che ponga come obiettivo la citizen satisfaction (quindi la soddisfazione del cliente, il cittadino), superando le caselle (o incarichi) e mettendo a fattor comune le conoscenze dei singoli in una unica grande conoscenza complessiva, potrebbe implementare in maniera efficace la logica del cittadino. Nonché rappresentare meglio quella che è l'immagine pratica dell'amministrazione a cui ci si deve rivolgere.
In sostanza, il funzionario (facente parte informalmente della CdP) veste il ruolo di tutor del cittadino, guidandolo nella soddisfazione del proprio bisogno, indirizzandolo verso le strutture preposte, attivandosi per agevolare il dialogo, intervenendo con gli altri membi della CdP qualora il flusso si interrompa. Una evoluzione dello Sportello del cittadino che prevede maggior collaborazione e condivisione interna.
Pre requisiti lato P.A.? Disponibilità, flessibilità, responsabilità e dedizione. Il riconoscimento da parte dei vertici di una CdP in tal senso potrebbe fungere da catalizzatore e incentivarne la crescita.
In soldoni, le comunità di pratica (CdP) sono gruppi spontanei di persone che, animate dalla stessa passione e motivate dal reciproco arricchimento delle proprie conoscenze sul tema, superano i rigidi confini dettati dalle strutture, aziendali o funzionali, per collaborare INFORMALMENTE a stretto contatto.
L'informalità rappresenta al tempo stesso il fattore di successo e di fallimento di queste aggregazioni sociali. La forte coesione infatti, che è alla base della condivisione di problemi e interessi, e la totale libertà di espressione, al di fuori degli schemi gerarchici classici, passano in secondo piano se non seguono una pianificazione attenta degli obiettivi e un'adeguata animazione della comunità stessa.
Nell'ambito della Pubblica Amministrazione, il punto di vista del funzionario delegato all'espletamento delle pratiche coincide, salvo rari casi, con le strutture organizzative, quindi con la rigidità che gli ordini di servizio impongono sia all'operatività, che alle responsabilità in capo ai singoli.
Il punto di vista del cittadino, fruitore del servizio, invece, non sposa questa logica così astratta ed esclusivamente funzionale. Il cittadino ha un obiettivo (un'autorizzazione, l'aggiornamento di una pratica, un certificato...), il cui raggiungimento molto spesso prevede vari passaggi, tra vari funzionari, vari uffici e varie formalità.
Secondo la definizione precedente, una comunità di pratica tra funzionari pubblici che ponga come obiettivo la citizen satisfaction (quindi la soddisfazione del cliente, il cittadino), superando le caselle (o incarichi) e mettendo a fattor comune le conoscenze dei singoli in una unica grande conoscenza complessiva, potrebbe implementare in maniera efficace la logica del cittadino. Nonché rappresentare meglio quella che è l'immagine pratica dell'amministrazione a cui ci si deve rivolgere.
In sostanza, il funzionario (facente parte informalmente della CdP) veste il ruolo di tutor del cittadino, guidandolo nella soddisfazione del proprio bisogno, indirizzandolo verso le strutture preposte, attivandosi per agevolare il dialogo, intervenendo con gli altri membi della CdP qualora il flusso si interrompa. Una evoluzione dello Sportello del cittadino che prevede maggior collaborazione e condivisione interna.
Pre requisiti lato P.A.? Disponibilità, flessibilità, responsabilità e dedizione. Il riconoscimento da parte dei vertici di una CdP in tal senso potrebbe fungere da catalizzatore e incentivarne la crescita.
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