In giro per la rete, in un’ansia ormai consolidata di cyber partecipazione, ci si domanda se il governo Letta sia risolutivo, se sia realmente efficace e se possa rappresentare la chiave di volta di una situazione politica nazionale di imbarazzante stallo. Io, ovviamente, non so se il Giovane Statista sia o meno la luce che porterà il Paese alla rinascita o se sarà realmente efficace.
Di certo, questa è una soluzione, è uno sblocco, è un inizio. Ed è già tanto. Dopo ben due mesi di teatrini, manfrine, giochetti, pseudo accordi e lotte di piazza, siamo passati da una politica in potenza, ad una politica in azione. Finalmente il Parlamento è nell’operativo costituzionale del suo mandato, può promulgare leggi, proporre riforme, attuare provvedimenti.
Ora è il momento delle risposte, ed è fondamentale che arrivino presto e che siano reali, basate su esigenze strategiche e non su ritorni elettorali, che siano programmatiche, che abbiano visione, che diano sopra ogni cosa impressione di futuro. Ecco, il governo Letta ha una grande responsabilità, deve essere portatore di speranza e futuribile, deve essere considerato “duraturo”, deve avere come obiettivo il “fine mandato”. Non credo che il Paese possa permettersi un governo di scopo, e vedo nelle scelte di squadra una buona possibilità che questo accada.
Emma Bonino, Cecile Kyenge, Enrico Giovannini, Maria Chiara Carrozza sono personaggi di grande spessore tecnico e politico, nomi che danno credibilità e che rappresentano preparazione, da un lato, e senso delle istituzioni dall’altro. Loro mi piacciono molto e sono fiducioso che faranno bene, oltre che alla nazione, anche al senso di appartenenza che ultimamente, in ciascun italiano dotato di uno pseudo senso critico, ha subito qualche incrinatura.
È vero, le larghe intese sono un po’ una presa in giro, avremmo potuto tranquillamente evitare di andare al voto e fare un “governo del presidente”, ma quale altro scenario avrebbe consentito un minimo di stabilità? Come si potrebbero fare riforme sostanziali senza l’appoggio del Parlamento? Non sarebbe possibile.
Quindi, ben venga il Governo di responsabilità nazionale, da sempre strumento fondamentale per il superamento delle problematiche legate al polipolarismo italiano su base porcellum, quello si un danno evitabile.
Un Governo democristiano??? Beh, se essere portatore di istanze condivise ed operare con una maggioranza stabile è essere democristiano, allora ben venga anche il Governo democristiano.
La responsabilità di cui abbiamo bisogno in questo momento prescinde dalle bandiere e dalle ideologie e si fonda sulla concretezza, sulla pianificazione, sulla definizione di obiettivi e sulla strenue difesa del loro raggiungimento.
Auguro al nuovo premier di operare in serenità su questi temi, di mantenere coerenza e consolidare la credibilità, soprattutto nazionale. La base che permette ora sta chiedendo indietro!
Ad maiora…